S:1 – Ep.9
Albert Niemann è una persona qualunque.
Albert Friedrich Emil Niemann nacque nel Regno di Hannover ed era figlio di un preside di scuola.
Nel 1849 iniziò un apprendistato presso la farmacia del municipio di Gottinga , dove, a partire dal 1852, fu studente di dottorato presso la George August University ma è stato conosciuto principalmente come chimico.
Niemann e il collega chimico inglese Frederick Guthrie, pubblicarono nel 1860 quasi parallelamente la scoperta della stessa formula, il tioetere del cloroetano, più noto come iprite.
Un terzo chimico inglese come Guthrie, John Davy, li aveva anticipati nel 1812 con la scoperta di un’altra formula, il cloruro di carbonile che chiamò fosgene.
Le notizie di queste scoperte fecero rapidamente il giro del mondo e la paura che queste sostanze potessero essere utilizzate durante un conflitto spaventò tutte le nazioni, tanto che il 27 agosto 1874 la Dichiarazione di Bruxelles riguardante le leggi e gli usi durante la guerra, proibì specificatamente «l’uso di veleni o di armi avvelenate», ribadendolo poi il 4 settembre 1900 dove entrò in vigore la Conferenza dell’Aia, la quale in una dichiarazione proibì «l’uso di proiettili che diffondano gas asfissianti o dannosi».
Già, perché l’iprite e il fosgene altro non erano che armi chimiche.
Ma i più spaventosi gas impiegati per la guerra; l’iprite, conosciuto anche come “gas mostarda” per il caratteristico colore giallo che odorava di senape; e il fosgene, un gas incolore estremamente tossico e aggressivo dal tipico odore di fieno ammuffito; furono comunque utilizzati nella prima guerra mondiale nonostante le dichiarazioni di Bruxelles e la conferenza dell’Aia.
Niemann probabilmente non fu il primo a sintetizzare il gas mostarda, forse fu Guthrie, ma fu tra i primi a documentarne gli effetti tossici nei suoi esperimenti.
“Si dovrebbe sapere che si tratta dello stesso gas più potente che arriva rapidamente in una certa posizione, senza che prima si verifichi alcun dolore, ma dopo un’ora di volo si verifica un’eruzione cutanea e fino a Nei giorni successivi si verifica un’eruzione cutanea molto lunga e notevolmente più grave sotto un forte vento.”
E’ spaventosamente ovvio che il suo utilizzo sarebbe stato solamente uno: militare; e sia gli inglesi che i tedeschi lo conoscevano dal 1860.
Nel 1916 i francesi ne avevano preso in considerazione l’impiego scartandolo però per difficoltà tecniche: la produzione su scala industriale ebbe inizio in Francia e in Gran Bretagna solo verso la fine della prima guerra mentre i tedeschi già li producevano da tempo.
Infatti l’iprite fu utilizzato per la prima volta proprio dai germanici nel 1917 mentre due anni prima, nel 1915, sempre loro, avevano già utilizzato il fosgene.
Quest’ultimo gas, il fosgene, è un veleno particolarmente insidioso perché non provoca effetti immediati: in genere, i sintomi si manifestano tra le 24 e le 72 ore dopo l’esposizione, facendo sì che le vie respiratorie si riempiano di liquido; la morte sopraggiunge per combinazione di emorragie interne.
Venne impiegato la prima volta nel 1915 dall’esercito tedesco contro le truppe francesi attraverso il lancio di apposite bombe.
L’anno successivo toccò agli italiani che, sul Monte San Michele, subirono per la prima volta un attacco chimico da parte degli austro-ungarici.
In questo caso però le bombole di gas non furono lanciate, ma vennero aperte creando così una nube tossica che venne poi sospinta dal vento.
L’iprite è un vescicante d’estrema potenza, l’esposizione a dosi molto elevate comporta danni gravissimi all’apparato respiratorio; sono descritte anche forme di cecità.
La morte può sopraggiungere in tal caso in una settimana circa.
Fu utilizzata per la prima volta durante la prima guerra mondiale nel settore belga di Ypres, da cui il nome, il 12 luglio 1917 per iniziativa di Erich von Falkenhayn e Alberto di Württemberg dell’esercito tedesco.
Le sue caratteristiche d’azione per contatto e lunga persistenza ambientale e le lesioni che procura, lo resero subito un’arma innovativa in una guerra che cercava nella tecnologia un aiuto per sfuggire all’immobilità della trincea: la diffusione avveniva essenzialmente tramite proiettili d’artiglieria, di rado tramite bombe d’aereo.
In economia di guerra e testato gli effetti dei gas sui nemici, quando si andava all’attacco nelle trincee avverse bisognava risparmiare preziosi proiettili.
I nemici, storditi, svenuti, agonizzanti venivano finiti con la baionetta o con mazze ferrate di cui Germania e Austria Ungheria si erano dotati.
Non approfondiremo ulteriormente gli orrori provocati dall’utilizzo di queste tremende armi chimiche lasciando a voi giudicare quanto una guerra possa diventare terribile in ogni suo studio, questo, sciaguratamente ancora ai giorni nostri.
Con la comparsa dei gas nei campi di battaglia gli eserciti si adoperarono anche per prevenirne gli effetti distribuendo ai soldati delle rudimentali maschere antigas.
Non conoscendo però la composizione chimica delle sostanze, molte non funzionavano.
L’esercito italiano (ma anche altri) ne distribuì un esemplare che NON fu in grado di contrastare né il fosgene né l’yprite.
D’altronde la stessa conoscenza sulla chimica era talmente bassa che i soldati furono istruiti, in caso di mancanza di maschere durante un attacco chimico, ad infilarsi un tozzo di pane bagnato in bocca coprendo poi il viso con un fazzoletto, meglio se intriso di urina.
I rapporti ufficiali dichiararono circa 1.176.500 casi di intossicazione non letale, e 85.000 vittime direttamente causate da agenti chimici durante la prima guerra che portò il 6 febbraio 1922, dopo la fine della Grande Guerra, alla Conferenza sulle armi di Washington che proibì l’uso di gas asfissianti, velenosi e di qualunque altro genere.
Fu firmata da Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone, Francia ed Italia, ma la Francia obiettò che altri precedenti trattati non erano mai entrati in vigore, e come dargli torto d’altronde, fosgene e iprite li avevano subiti per primi.
La Germania e i neo stati di Austria, Bulgaria e Ungheria non firmarono ma dopo la guerra il Trattato di Versailles proibì alla Germania sconfitta di importare o sviluppare armi chimiche.
Trattati con disposizioni simili furono firmati per Austria, Bulgaria e Ungheria.
Fu infine nel 1925, durante la Conferenza sul controllo del commercio internazionale di armi e munizioni, che la Francia propose un protocollo che vietava l’uso delle armi chimiche e su proposta della Polonia, il testo venne esteso alle armi biologiche.
Successivamente, il 7 settembre 1929 entrò in vigore il Protocollo di Ginevra, vietando l’uso di gas velenosi e di armi batteriologiche.
Ma la chimica sperimentale a scopi militari durante la prima guerra mondiale studiava anche altre sostanze, e le adottava direttamente sul campo, come i gas contro i nemici in barba alle convenzioni firmate o come i nuovi “farmaci” sui propri soldati.
Nel XIX secolo, vi era un grande interesse tra i chimici europei per gli effetti delle foglie di una pianta scoperta in America Latina .
Nel 1855 il chimico Friedrich Wöhler , professore ordinario di chimica all’Università di Gottinga, fece importare in Germania delle foglie di coca da Karl von Scherzer e le diede proprio a Niemann, il protagonista di questo racconto, il suo studente neo laureato.
Nel 1859, Niemann isolò la cocaina dalle foglie di coca e sviluppò quindi un processo di purificazione migliorato.
Scrisse dei “prismi trasparenti incolori” dell’alcaloide e disse che “le sue soluzioni hanno una reazione alcalina, un sapore amaro, favoriscono il flusso di saliva e lasciano un peculiare intorpidimento, seguito da una sensazione di freddo quando applicate sulla lingua”.
Pubblicò la sua scoperta nel 1860, lo stesso anno in cui pubblicò il gas mostarda, e questa invenzione gli valse il dottorato di ricerca pubblicata sulla rivista Archiv der Pharmazie .
Ma come utilizzare la cocaina in guerra?
Perché quello si voleva fare, la diffusione iniziò tra i piloti francesi e tedeschi durante la prima guerra mondiale, passò poi a venire mescolata con alcool o the tra le truppe, la chiamavano la “bevanda dell’eroe” per il coraggio che infondeva ma non solo, quello che noi oggi chiamiamo comunemente ecstasy venne sintetizzata per la prima volta agli inizi del 900 dalla società farmaceutica tedesca Merck che cercava una sostanza che facesse dimagrire.
Ancora una volta l’impero tedesco dimostrò di investire molto nella ricerca chimica.
Venne chiamata Mdma ma non fu mai messa sul mercato, durante la prima guerra però venne somministrata ai soldati in trincea per poter loro permettere di sopportare meglio la fame, il freddo e di affrontare il nemico.
Le droghe, infatti, erano in grado di tramutare gli uomini in soldati e combattenti, facendo compiere loro azioni altrimenti impensabili, infondendogli un coraggio ulteriore a quello dimostrato normalmente, facendo risparmiare denaro per sfamarli o vestirli e non facendogli sentire il dolore delle ferite ricevute in battaglia.
Albert Friedrich Emil Niemann morì il 19 gennaio 1861 all’età di 27 anni nella sua città natale Goslar.
Niemann lavorò molto a contatto con il gas mostarda e con la cocaina e, probabilmente, fu questo che provocò la sua giovane morte come la induce a chi, ai giorni nostri, ne fa uso.
Dagli oppiacei assunti dai contingenti internazionali in Afghanistan a quelli dell’Uck nel Kosovo; dall’anfetamina dei Top Gun e dalle forze speciali statunitensi alle metanfetamine prodotte dai nazisti della seconda guerra mondiale ieri e dallo Stato Islamico oggi, passando per il boom di psicofarmaci prescritti a reduci e soldati, la somministrazione di droghe ai militari è un’usanza oscura che ha radici antiche ma che ancora oggi viene tollerata.
Ma questa, è un’altra storia.
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