S.1 – Ep.13
Anteo Zamboni è una persona qualunque.
Figlio di Viola Tabarroni e Mammolo Zamboni, che era un tipografo ex anarchico convertitosi al fascismo per ragioni economiche, faceva infatti parecchi affari stampando i fogli di propaganda della sezione bolognese, Anteo nasce a Bologna l’11 aprile 1911.
Di carattere solitario e taciturno, in famiglia veniva soprannominato il Patata, sembra per via della sua presunta scarsa intelligenza.
La sera di domenica 31 ottobre 1926, un mese dopo l’attentato di Lucetti e quando Anteo aveva solamente 15 anni, durante il quarto anniversario della sua nomina a primo ministro in seguito alla marcia su Roma, Mussolini si trovava a Bologna, dove si era recato il giorno prima per inaugurare lo stadio Littoriale.
Alla fine delle celebrazioni, il duce venne accompagnato verso la stazione a bordo di un’automobile scoperta, guidata da Leandro Arpinati.
Alle 17:40 il corteo aveva raggiunto l’angolo tra via Rizzoli e via Indipendenza.
Anteo Zamboni, un ragazzino che di professione faceva il fattorino nella tipografia del padre, era in questa via, appostato tra la folla sotto il primo arco di portico, ma mentre l’automobile rallentava per svoltare, Anteo sparò a Mussolini, mancandolo di poco.
O questo quello che venne riportato in seguito, perché in reazione a tale gesto, gli squadristi di Leandro Arpinati fra i quali Arconovaldo Bonacorsi e gli arditi milanesi capitanati da Albino Volpi, si gettarono sul quindicenne e lo linciarono uccidendolo.
Le indagini di polizia si svolsero inizialmente negli ambienti squadristi bolognesi, ipotizzando in un primo tempo un coinvolgimento di capisquadra locali come Arpinati, quest’ultimo, anch’egli ex anarchico, era buon amico di Mammolo Zamboni, il padre di Anteo ed era quello che guidava l’auto di Mussolini, ma le ricerche non diedero alcun risultato.
Un’ulteriore indagine sollecitata dal Ministero dell’Interno fu svolta ancora dai magistrati del Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.
Questa nuova inchiesta vide coinvolti Roberto Farinacci e i suoi seguaci: il ras di Cremona, all’epoca caduto in disgrazia, fu indiziato come un possibile mandante.
Roberto Farinacci era anche il presunto bersaglio del primo attentato a Mussolini, quello del deputato Zaniboni, prima di ritrattare e ribadire che voleva colpire proprio il Duce.
A quel punto si concluse che anche questo attentato era stato opera di un elemento isolato, ancora una volta.
Tuttavia, le testimonianze discordanti dei presenti, tra cui quella dello stesso Mussolini e i dubbi suscitati dal fatto che un ragazzo quindicenne avesse maturato da solo un gesto del genere, portarono a ipotizzare una presenza sulla scena del crimine del fratello maggiore di Anteo, Lodovico, nonché la corresponsabilità di Mammolo, il padre, e della zia di Anteo, Virginia Tabarroni, come ispiratori dell’attentato.
Certo, fu provato che Lodovico non poteva essere presente al fatto dal momento che si trovava a Milano ed era rientrato a Bologna solo nella tarda serata del 31 ottobre, ma il Tribunale Speciale insistette con accanimento sull’ipotesi del complotto familiare, basando l’accusa unicamente sui trascorsi anarchici di Mammolo.
Ad un certo punto delle indagini uscì anche la testimonianza di una prostituta che dichiarò alle autorità di aver visto chi aveva sparato prima di gettare la pistola a terra di fronte ad Anteo, e ovviamente, non era stato il ragazzo ma una persona che assomigliava, per descrizione, proprio a Roberto Farinacci.
Ma la prostituta sparì e non poté mai ribadire ciò che vide davanti ad un giudice.
In poche parole l’attentato avvenne attraverso queste fasi: Il Duce arrivò in auto, nella calca della folla un colpo venne esploso ed il proiettile seguì una traiettoria dall’alto verso il basso, colpì il cordone dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro che Mussolini indossava a tracolla, perforò il bavero della giacca del Duce, attraversò il cappello a cilindro del sindaco Umberto Puppini che questi teneva sulle ginocchia e si conficcò nell’imbottitura della portiera dell’automobile.
Il maresciallo Francesco Burgio, presente all’attentato, testimoniò che un individuo, allontanato bruscamente un soldato del cordone, aveva allungato il braccio destro in direzione dell’on. Mussolini facendo l’atto di sparare.
Per fortuna, cita, un maresciallo dei carabinieri, il sig. Vincenzo Acclavi del nucleo di Trieste, dava un brusco colpo al braccio dello sconosciuto; così che il colpo, esploso in quel momento, deviava e il Duce sfuggiva per miracolo al criminoso gesto dell’attentatore.
A quel punto la pistola cadde a terra, la folla si allargò e davanti ad essa rimase solamente Anteo Zanboni che veniva bloccato dal tenente del 56º fanteria che per primo individuò e bloccò il giovane attentatore, cioè Carlo Alberto Pasolini, e da alcuni squadristi milanesi.
Il sopraggiungere degli altri squadristi finì il lavoro di linciaggio, senza processo, senza prove, senza sentenza.
Ma come poteva un ragazzino di 15 anni essersi procurato una pistola, avere manualità nel suo utilizzo ed avere la forza di spostare un militare dell’esercito per esplodere un colpo dall’alto verso il basso?
Mammolo Zamboni, il padre di Anteo, che negli anni del processo e della detenzione aveva sempre proclamato l’innocenza del figlio e l’estraneità assoluta di tutta la famiglia alla vicenda, nel secondo dopoguerra, dopo la caduta del fascismo, sostenne invece che la paternità dell’attentato era proprio del figlio, il quale aveva agito “con pieno senso di responsabilità”.
A chi gli chiese il motivo di questo cambiamento di opinione, rispose che l’aver sostenuto l’innocenza di Anteo era stato, durante il processo giudiziario, l’unico modo per scagionare sé stesso e la famiglia, ma non funzionò.
I procedimenti penali condannarono a 30 anni di prigione lui e la cognata Virginia Tabarroni per aver comunque influenzato il giovane nelle sue scelte.
Lodovico e Assunto, i due fratelli maggiori di Anteo, anche se assolti dalle responsabilità dirette nel fatto, furono condannati a cinque anni di confino in quanto elementi potenzialmente pericolosi, rispettivamente a Ponza e a Lipari.
Nel 1932 il presidente del Tribunale Speciale Guido Cristini ammise in un colloquio privato di aver condannato entrambi “pur essendo innocenti, perché così gli era stato ordinato dal Duce”.
Per queste parole Cristini fu costretto a rassegnare le dimissioni.
È stata ipotizzata una complessa dinamica dell’attentato diversa da quella comunemente accettata e affermata dalle indagini.
Questa prende in considerazione i legami che esistevano fra Zamboni e Leandro Arpinati, sostenendo che dietro il gesto vi fosse un complotto di potere interno al fascismo, tra l’ala del fascismo intransigente legato a Roberto Farinacci e quello normalizzatore sostenuto da altri gerarchi.
La tesi cospirazionista prevede quindi che il gesto sia stato compiuto da altri, che avrebbero fatto cadere la colpa sul giovane ragazzo, grazie a uno scambio di persona più o meno premeditato.
A sostegno di questa ipotesi ci sono le testimonianze contraddittorie sulla fisionomia e l’abbigliamento dello sparatore, nonché la presenza sul luogo dell’attentato dello squadrista friulano Mario Cutelli, un violento sicario simpatizzante della fronda farinacciana.
Inoltre, diversi testimoni dichiararono che Farinacci, l’unico gerarca non invitato ufficialmente alle celebrazioni, era presente a Bologna in quei giorni: lo avevano riconosciuto aggirarsi, per lo più solo e accigliato, nel centro della città.
Durante le indagini, quando si profilò l’ipotesi del complotto fascista, le autorità imposero di non indagare ulteriormente, viste le gravi ripercussioni che ciò avrebbe avuto sull’opinione pubblica.
Mussolini stesso, dopo pochi anni di condanna al confino ai fratelli di Anteo, decise di graziarli.
Semplice buonismo elettorale o sapeva come erano andate veramente le cose?
D’altronde la grazia e l’indulgenza per i suoi cospiratori, Mussolini, l’aveva sempre avuta, nei confronti del generale Capello nel primo attentato alleggerendogli la pena e aiutando negli studi la figlia del deputato Zaniboni, facendo dichiarare insana di mente la Gibson nel secondo attentato rimandandola a “casa” nel Regno Unito praticamente impunita, con l’amnistia a Sorio e Vatteroni, i complici di Lucetti del terzo attentato e adesso graziando i fratelli di Anteo nel suo quarto attentato.
Ma non si fermò qui.
Dopo quest’ultimo tentativo di omicidio nei suoi confronti, Mussolini decise di aiutare tutte quelle persone anche solo sospettate di aver fatto parte dell’ultimo, o forse non solo dell’ultimo, attentato.
Arpinati, l’autista dell’auto di Mussolini e uno di quelli che linciarono Anteo, divenne presidente di molte sigle sportive, tra cui la FIGC fino al CONI nel 1931.
Bonacorsi, un altro dei primi che si gettò sul ragazzino, si laureò in giurisprudenza grazie all’intercessione dello stesso Mussolini, che in questo modo cercò di indirizzarlo verso una professione lontana dalle violenze squadriste.
A Volpi, grazie al personale interessamento del duce, vennero concessi nel 1931 la gestione del servizio di foraggiamento del bestiame in sosta e i servizi di stallazzo del mercato ortofrutticolo di Porta Vittoria.
Solo Farinacci non ebbe la stessa sorte degli altri, le critiche che riportava sul giornale nei confronti di numerosi gerarchi gli valsero il nomignolo di “suocera del regime”, inoltre le sue posizioni anticlericali crearono anche alcuni intoppi nel lavoro diplomatico che il regime andava intessendo con la Chiesa cattolica per l’elaborazione del Concordato che sarebbe stato poi sottoscritto nel 1929, fino a che, con la nomina a segretario nazionale del PNF di Achille Starace, Farinacci terminò la propria opposizione a Mussolini dedicandosi esclusivamente all’attività forense e allo sport.
Farinacci neutralizzato, Arpinati, Bonacorsi, Volpi, tutti sistemati e impegnati a pensare ad altro piuttosto che, magari, ad organizzare attentati e nessun attentato fu più compiuto nei confronti del duce.
Dopo il fallito attentato del capoluogo emiliano, il Duce tornò a visitare ufficialmente Bologna solo dieci anni dopo, il 24 ottobre 1936.
Ma questa, è un’altra storia.
Ti è piaciuto questo episodio?
Rimani aggiornato iscrivendoti al nostro canale Youtube e visitando il nostro podcast.
https://www.youtube.com/channel/UCC0QHYOZms3FjO2kwSFXKZA
Podcast – Una persona qualunque, puoi vederlo o anche semplicemente ascoltarlo.