Beppe, Orazio, Mario, Felice – Il calcio in guerra

S:2 – Ep.46

Giuseppe, Orazio, Mario e Felice sono persone qualunque.

Il 24 maggio 1915 l’Italia entrò ufficialmente nella prima guerra mondiale, dato assodato che ha modificato vite e abitudini di molti, abitudini importanti e anche sicuramente futili se paragonate ad un conflitto mondiale, ed una di queste futili abitudini era indubbiamente quella di seguire il campionato di calcio.

La Prima Categoria 1914-1915 è stata la 18ª edizione della massima serie del campionato italiano di calcio, disputata tra il 4 ottobre 1914 e il 23 maggio 1915, Il 23 maggio avrebbe dovuto svolgersi l’ultima giornata del girone finale Nord, con in programma i decisivi match Genoa-Torino e Milan-Inter.

Eventi politici di ben più alta levatura investirono, però, la settimana precedente le gare: il Parlamento italiano aveva votato giovedì 20 i pieni poteri al governo, al fine dell’ingresso nella prima guerra mondiale e sabato 22 venne annunciata la mobilitazione generale, domenica 23 la Commissione Tecnica della FIGC, presieduta da Antonio Scamoni, decise l’immediata sospensione del campionato senza curarsi di consultare con un referendum le società interessate.

Nella stessa domenica l’Italia dichiarò guerra all’Impero austro-ungarico, in precedenza la FIGC, per evitare la possibilità che il campionato venisse sospeso per la guerra, aveva proposto al Genoa, primatista del girone finale Nord, di giocare la penultima giornata il 13 maggio, come turno infrasettimanale, in modo da anticipare l’ultima giornata al 16 maggio, ma il club rossoblù aveva rifiutato, presumibilmente per impedimenti organizzativi.

Ciò nonostante, l’interruzione del torneo fu criticata con un comunicato ufficiale dallo stesso club genoano, il provvedimento federale fu ampiamente contestato anche da diverse testate giornalistiche: la rivista “Il Football”, ad esempio, fece presente che si tennero regolarmente altre manifestazioni sportive, e sottolineò che, su 44 giocatori partecipanti al girone finale, solo la metà rischiava di essere soggetta a precetto militare immediato.

Fra i giocatori che vennero precettati e che parteciparono poi alla grande guerra, ci furono anche nomi altisonanti di quel periodo, non potendoli nominare completi, ricorderemo i medagliati a rappresentanza di tutti perché sì, ce ne furono, e anche parecchi a dir la verità, ben 46 per la precisione tra tutte le categorie.

Giuseppe Caimi dell’Internazionale FC, Orazio Gaggiotti e Corrado Corelli della Podistica Lazio e Mario Giuriati dell’Enotria Goliardo furono plurimedagliati o medagliati d’oro non per le loro prestazioni calcistiche ma per ciò che fecero nel primo grande conflitto mondiale nel Regio esercito italiano.

Giuseppe Caimi era un atleta schermidore dal fisico prestante, militò nell’Inter dal 1911 al 1913, giocando 23 gare in due campionati di massima divisione, in cui la squadra si piazzò rispettivamente al quarto e al terzo posto nel proprio girone.

Allo scoppio della prima guerra mondiale si arruolò volontario venendo inserito nelle file del 5º Reggimento alpini come sottotenente di complemento distinguendosi in ardite ricognizioni notturne sul Panarotta.

Passato successivamente nel Battaglione “Feltre” del 7º Reggimento alpini con il grado di tenente comandante il Plotone esploratori; si distinse sul Monte Cauriol insieme a Gabriele Nasci e Angelo Manaresi.

Ferito una prima volta il 14 marzo 1916 nella battaglia di Santa Maria di Novaledo, fu decorato con la Medaglia d’argento al valor militare e a Sant’Andrea di Valsugana si guadagnò una seconda Medaglia d’argento al valor militare che rifiutò in cambio di una promozione a tenente in servizio permanente effettivo per merito di guerra.

Dopo la sconfitta di Caporetto seguì la ritirata del suo battaglione fino a Montebelluna, venendo decorato con una seconda Medaglia d’argento al valor militare sul Monte Taz il 21 novembre 1917.

Nei giorni immediatamente successivi alla conclusione della Prima battaglia del Piave, si trovò coinvolto nei combattimenti che portarono alla stabilizzazione del fronte del Grappa-Piave fino alla successiva Battaglia del solstizio.

Ferito gravemente il 14 dicembre 1917 sul Monte Valderoa, un’altura del Massiccio del Grappa, morì il 26 dicembre dello stesso anno all’ospedale della Croce Rossa di Ravenna per le ferite riportate e meritando la Medaglia d’oro al valor militare per il coraggio dimostrato, successivamente assegnatagli con Regio Decreto.

Orazio Gaggiotti, studente dell’istituto tecnico Leonardo da Vinci, suo padre era un noto fotografo dell’epoca ed era un attaccante e podista, un forte atleta, nelle file della podistica vinse diversi trofei.

Nel 1908 giocava in 3^ squadra, nel 1910 è in prima squadra ma poi divenne un soldato volontario nel 2° Reggimento Bersaglieri nel 1911 ed effettivo per mobilitazione al Deposito Bersaglieri in Roma assegnato all’XI Reggimento Bersaglieri per il prescritto servizio di prima nomina il 26 gennaio 1913.

Morì sul monte Pecinka, in Slovenia a quota 308, il 1° novembre 1916 il primo giorno di combattimenti della IX battaglia dell’Isonzo, era divenuto Capitano e fu decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare perché alla testa della sua compagnia, la guidava arditamente all’assalto di forti posizioni nemiche, conquistandole dove cadde colpito a morte, ottenne anche la medaglia di bronzo al V.M.

Mario Giuriati nacque a Milano il 31 dicembre 1895, fu un calciatore e socio nella società milanese A.C. Enotria e si arruolò nel Regio esercito combattendo nella prima guerra mondiale, in servizio nel 144º Reggimento fanteria, con il grado di sottotenente.

Si distinse nella sesta battaglia dell’Isonzo: sul monte Sabotino, dove, già ferito gravemente, si sottraeva alle cure per ritornare sul campo di battaglia, tra le trincee e sostituendo il comandante ferito, guidava la sua compagnia nell’assalto della postazione austriaca.

Lì venne colpito ancora in modo grave, resistette fin che poté farlo, e cioè fino alla sua morte l’11 agosto 1916, due mesi dopo gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Corrado Corelli era figlio del pittore Augusto Corelli, nacque a Roma il 19 agosto del 1884, iniziò come scultore apprendendo i primi rudimenti del disegno dal padre e in seguito divenne allievo dello scultore Eugenio Maccagnani per poi diventare assistente e collaboratore dell’artista Giulio Aristide Sartorio.

Si dedicò prevalentemente alla piccola scultura e a creazioni in oro, argento e rame, più tardi si specializzò nella gioielleria artistica realizzando lavori per una clientela italiana ed internazionale, ebbe commissioni pubbliche e private in cui dimostrò capacità espressive di livello, per esempio, suoi gli arredi sacri della chiesa di San Benedetto a Pomezia.

Per quanto riguarda l’attività sportiva, insieme al fratello Filiberto, inizialmente furono ingaggiati dalla società calcistica della Virtus e nel giugno 1907, Sante Ancherani convinse Corrado e suo fratello a lasciare la Virtus per accasarsi alla Società Sportiva Lazio in occasione del primo torneo calcistico interregionale disputato a Pisa.

Corrado restò a disposizione della squadra biancoceleste fino al 1922, con un’interruzione dovuta allo scoppio della grande guerra e giocando le finalissime del campionato di calcio nel 1913 e 1914.

Militare di complemento, partirà per la grande guerra con il grado di sottotenente dell’81º fanteria brigata Torino, tornando con il grado di maggiore e con una medaglia d’argento al valor militare ottenuta per l’eroico comportamento avuto durante un’azione bellica e due medaglie di bronzo.

Unico dei sopracitati a fare ritorno dal fronte, partecipò alla Marcia su Roma nel 1922, ma la sua adesione al Fascismo fu breve e allo scoppio della seconda guerra mondiale fu richiamato alle armi con il grado di tenente colonnello; fu assegnato al comando delle tradotte che portavano truppe ed equipaggiamenti sul fronte russo.

Successivamente Corrado fu trasferito all’ufficio censura militare di Firenze, dopo l’armistizio rifiutò ogni collaborazione con i tedeschi e fece ritorno a Roma, tornando al suo lavoro di scultore.

Molte squadre di calcio videro i propri atleti partire per il fronte, medaglie d’argento e di bronzo vennero consegnate a calciatori del Genoa, Milan, Juventus, Udinese e di quasi tutte le società al tempo coinvolte nella prima categoria, ma non solo calciatori, due corrispondenti sportivi, Edoardo Rubino, corrispondente della Gazzetta dello Sport e Franco Scarioni, corrispondente de Il Secolo Illustrato e della Gazzetta dello Sport furono medagliati rispettivamente d’argento e di bronzo nella grande guerra.

Per ultimo riportiamo il nome di Felice Borda, inizialmente tesserato per la Juventus, giocò alcune partite nella seconda squadra come portiere ma iniziò ad arbitrare le categorie inferiori all’inizio della stagione 1911-1912, a disposizione del Comitato Regionale Piemontese; in seguito esordì in Prima Categoria a fine campionato 1911-1912, dirigendo il 12 maggio 1912 Andrea Doria-Piemonte.

Continuò ad arbitrare nella massima serie italiana fino alla stagione 1914-1915 e, malgrado fosse già stato chiamato alle armi, arbitrò anche due partite della Coppa Federale ma non tornò più ad arbitrare dopo la fine del conflitto mondiale.

Partecipò al conflitto mondiale quale ufficiale degli alpini e fu decorato quale sottotenente con la medaglia d’argento al valor militare quando, in un’azione notturna, per quanto ferito, sotto violento getto di bombe con pochi uomini, si lanciò su nemici appostati, uccidendone alcuni e catturandone altri.

Per la cronaca, per l’esattezza quella riportata da due articoli del quotidiano La Stampa e un articolo della Gazzetta del Popolo, la Federazione decise nel maggio 1919, sei mesi dopo la fine della prima guerra mondiale, di attribuire la vittoria del campionato italiano al Genoa, in quanto primo in classifica nel Girone Finale Nord al momento della sospensione bellica e pertanto più prossimo alla vittoria del torneo, questa decisione postuma trascurò i pari diritti delle squadre centro-meridionali, nonché quelli di Torino e Inter.

Ma questa, è un’altra storia.

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