M.a.s., storia

Le Flottiglie MAS, acronimo di Motobarca Armata Silurante SVAN, furono una serie di flottiglie della Regia Marina Italiana composte da motoscafi armati siluranti.

Fecero l’esordio in combattimento nella prima guerra mondiale, causando gravi perdite alla flotta austro-ungarica.

Flottiglie e squadriglie dipendevano dell’Ispettorato generale delle flottiglie MAS (Generalmas), con sede prima a Livorno e poi a Lerici. Fondamentalmente si trattava di un motoscafo da 20 – 30 tonnellate di dislocamento (a seconda della classe), con una decina di uomini di equipaggio e armamento costituito generalmente da due siluri e alcune bombe di profondità antisommergibile, oltre a una mitragliatrice o a un cannoncino.

I MAS, derivati dalla tecnologia dei motoscafi civili con 2 motori a benzina a combustione interna da 500 cavalli l’uno, compatti e affidabili, ebbero un’ampia diffusione nella Regia Marina durante la guerra del 1915-18.

Montavano motori entro-fuoribordo di concezione automobilistica, di grande potenza ed efficienza, ad iniezione diretta, ovviando in tal modo ai problemi di carburazione del motore dovuti alla scarsa raffinazione del benzene usato come carburante.

I primi modelli furono prodotti dalle officine Fraschini e furono successivamente modificati e prodotti dal Cantiere Orlando, di Livorno, da dove uscirono i MAS impiegati da D’Annunzio.

Alcuni esemplari (ad esempio quello usato da D’Annunzio e da Luigi Rizzo nella beffa di Buccari, azione di disturbo alla flotta austro-ungarica ancorata nella baia di Buccari), montavano due motori ridondanti, uno a servizio dell’altro, nell’ottica d’incremento puro d’efficienza e affidabilità del mezzo navale.

Lo stesso D’Annunzio coniò dalla sigla MAS la locuzione latina Memento audere semper.

I MAS potevano essere utilizzati sia come pattugliatori antisommergibile, che come mezzi da attacco insidioso alle navi della flotta austro-ungarica, a seconda degli equipaggiamenti.

I MAS della seconda guerra mondiale avevano velocità di circa 45 nodi, due siluri da 450 mm moderni e una mitragliatrice.

Anche vecchie unità vennero usate, in teatri operativi come l’Africa Orientale Italiana.

Dopo alcuni decenni in cui la marina italiana, potente ma anche legata a mari assai chiusi e indicati per mezzi navali costieri, aveva impiegato mezzi veloci siluranti, ma con problemi dovuti all’indisponibilità di potenti motori a benzina, il problema della propulsione venne risolto.

Sottomarini, storia

Il sottomarino è un mezzo navale progettato per operare principalmente in immersione e questa caratteristica lo distingue dal sommergibile di cui costituisce un’evoluzione.

Lo sviluppo del mezzo subacqueo ha avuto impulso a partire dal 1850 in conseguenza dell’interesse militare per le sue potenzialità belliche ed ha portato il sommergibile a divenire un importante strumento della guerra marittima nel XX secolo.

Dalle 200 tonnellate di dislocamento dei sommergibili realizzati nei primi anni di quel secolo si è passati alle 1800 tonnellate (in immersione) dei sottomarini tedeschi U-Boot Tipo XXI del 1944 per arrivare ai moderni sottomarini nucleari lanciamissili balistici che possono superare le 20000 tonnellate ed ospitare equipaggi di oltre 170 persone.

Il progresso tecnologico nell’ingegneria navale ha avuto un ruolo fondamentale nel successo del sottomarino persino superiore a quello rappresentato dallo sviluppo di sistemi d’arma (come il siluro ed i missili a cambiamento d’ambiente) e di sensori (soprattutto il sonar) sempre più efficienti.

Sommergibili, differenze

Il sommergibile di media crociera viene così definito per le azioni collettive (in mute) stazzanti all’incirca 1000 t. in emersione.

Il sommergibile di piccola crociera è più comunemente chiamato ‘costiero’.

Il sommergibile costiero prende la definizione per azioni difensive in mari chiusi, stazzanti circa 500 t. in emersione. Il sommergibile sperimentale è definito quando è in fase di studio.

Il sommergibile posamine ha varie stazze.

Sommergibili, storia

Il sommergibile è per definizione un’imbarcazione adatta alla navigazione in superficie e che all’occorrenza può immergersi, perdendo però manovrabilità e velocità.

Rispetto al sottomarino, il sommergibile dispone di limitate capacità in immersione e non è in grado di operare per periodi prolungati al di sotto della superficie dell’acqua.

Per molti aspetti si ritiene quindi che il sommergibile rappresenti il predecessore dei più moderni sottomarini.

Ciononostante, nell’uso comune i due termini sono frequentemente adoperati come sinonimi.

Lo sviluppo tecnologico dei battelli subacquei presenta varie similitudini con quello che molto più tardi avrebbe interessato gli aeroplani.

I primi studi teorici sulla costruzione di un sommergibile sono stati effettuati da Leonardo da Vinci nel 1500 circa, anche se le sue teorie non sfociarono mai in un prototipo funzionante.

Nel 1680, Giovanni Alfonso Borelli nella sua opera “De motu animalium” illustrò la possibilità della costruzione di un veicolo che, per la prima volta, potesse esplorare gli abissi marini.

Sulla costruzione di un primo sommergibile le fonti storiche si dividono e non possono pertanto essere ritenute attendibili.

Il primo sommergibile della storia del quale si hanno testimonianze storiche a percorrere un breve tratto in immersione, fu una primitiva imbarcazione costruita da Cornelius Van Drebbel, con il quale Drebbel percorse, immerso a una profondità di 3-4 metri, un breve tratto del Tamigi.

Il primo tentativo di immersione con un mezzo subacqueo di cui si hanno testimonianze storiche certe, fu quello dell’inglese John Day, che il 20 giugno del 1774 si immerse nelle acque del porto di Plymouth.

Lo sviluppo dei sommergibili nel corso dell’ultimo decennio aveva spinto molte marine militari a dotarsene, tanto che nella prima guerra mondiale quest’arma ebbe un impiego fondamentale.

I sommergibili ebbero un ruolo importante nel tentativo da parte della Germania, e in modo più limitato anche dell’Austria, di porre rimedio al blocco navale alleato imposto dalla supremazia navale di Gran Bretagna e Stati Uniti.

I successivi vent’anni furono fondamentali per lo sviluppo del sommergibile come arma bellica. L’esperienza accumulata nel corso del prima guerra mondiale aveva spinto molti progettisti a provare nuove soluzione tecniche.

Allo scoppiare della Seconda guerra mondiale le unità erano rimaste sostanzialmente uguali.

Arditi ’15/’18

Quella degli arditi fu una specialità dell’arma di fanteria del Regio Esercito italiano durante la prima guerra mondiale.

La specialità, costituita in autonomi reparti d’assalto, fu sciolta nel 1920. Reparti arditi furono ricostituiti durante la seconda guerra mondiale con l’attivazione del 10º Reggimento arditi.

Le sue tradizioni militari sono oggi tenute vive dal 9º reggimento paracadutisti Col Moschin.

La memoria è mantenuta dall’associazione combattentistica di reduci Arditi d’Italia.

Un’idea anticipatrice dell’Ardito può essere fatta lontanamente risalire al 1914, quando in ogni Reggimento del Regio Esercito venne creato un Gruppo di Esploratori addestrati ad agire dietro le linee nemiche e tagliare il filo spinato di notte, vestiti completamente di nero.

La vulgata popolare vuole riconoscere come antesignani degli Arditi anche i componenti delle cosiddette “Compagnie della morte”, Pattuglie Speciali di Fanteria o del Genio adibite al taglio o al brillamento dei reticolati nemici, facilmente riconoscibili per l’uso di corazze ed elmetti principalmente del tipo “Farina”.

Nel 1916 il Comando Supremo decise di premiare con la qualifica di “militare ardito” chi si fosse distinto per decisione e coraggio, con l’espresso divieto di creare unità speciali.

Il distintivo, da portarsi al braccio sinistro, era il monogramma reale VE, ed era pensato esclusivamente come premio e come indicazione del soldato da portare ad esempio.

Questa fu tuttavia la genesi nell’immaginario del vocabolo “Ardito”.

Nell’inverno del 1917 vennero sciolti, ricostituiti e riaddestrati arrivando a 22 reparti operativi, per diventare al maggio 1918 di nuovo 27 (più un reparto di marcia per ogni armata), assegnati ai corpi d’armata.

In particolare la riorganizzazione prevedeva la normalizzazione dei reparti (portati a 21, e numerati da I a XIII, XVI, XVII, e da XIX a XXIV) con l’invio di ufficiali più dediti alla cura della disciplina.

L’organizzazione fu portata da 4 a 3 compagnie, di 150 uomini ciascuna, cui erano associate 3 sezioni autonome di mitragliatrici (Fiat Mod. 14), 6 sezioni autonome di pistole mitragliatrici (mitragliatrici leggere Villar Perosa), 6 sezioni autonome di lanciafiamme, per un totale di 600 uomini circa; le mitragliatrici e le pistole mitragliatrici furono tolte alle compagnie e raccolte in sezioni (contrariamente all’intuizione di Bassi e di Capello), anche se poi queste sezioni per lo più venivano, nella pratica, riassegnate alle compagnie.

Inoltre, per snellire i reparti, furono eliminati, almeno temporaneamente i due cannoni da 37 o i due obici da 65/17 che il generale Luigi Capello aveva aggiunto ai reparti Arditi della 2ª Armata.

Pochi mesi dopo il termine della guerra, con la smobilitazione dell’esercito, si decise lo scioglimento dei reparti d’assalto, sia per motivi di riorganizzazione che di politica interna al Regio Esercito.

Gradi ’15/’18

Tabella dei gradi delle forze armate del Regno d’Italia 1915-1918.

Sottufficiali graduati e truppa – Regio Esercito.

Soldato

Caporale

Caporalmaggiore

Sergente

Sergente maggiore

Maresciallo ordinario

Maresciallo capo

Maresciallo maggiore

Aiutante di battaglia

Ufficiali – Regio Esercito

Aspirante

Sottotenente

Tenente

Tenente in comando di compagnia

Capitano

Capitano in comando di battaglione

Primo capitano

Maggiore

Tenente colonnello

Tenente colonnello di battaglione

Colonnello

Colonnello in comando di reggimento

Colonnello in comando di brigata

Brigadier generale

Maggior generale in comando di brigata

Maggior generale in comando di divisione

Tenente generale in comando di divisione

Tenente generale in comando di corpo d’armata

Tenente generale in comando d’armata

Tenente generale capo di stato maggiore esercito

Generale d’esercito

Sottufficiali e comuni – Regia Marina

Comune di 3a classe

Comune di 2a classe

Comune di 1a classe

Sottocapo

Secondo capo

Secondo capo anziano

Capo di 2a classe

Capo di 1a classe

Ufficiali – Regia Marina

Guardiamarina

Sottotenente di vascello

Tenente di vascello

Capitano di corvetta

Capitano di fregata

Capitano di vascello

Sottoammiraglio

Contrammiraglio

Viceammiraglio

Ammiraglio

Navi e battelli, differenze

Un cacciatorpediniere (solitamente abbreviato sigla CT) è una nave da guerra veloce e manovrabile, dotata di grande autonomia, progettata per scortare navi di dimensioni maggiori in una flotta o in un gruppo di battaglia e difenderle contro attaccanti più piccoli e a corto raggio d’azione.

Un incrociatore ausiliario, mercantile armato o nave mercantile armata è una nave della marina mercantile, armata ed adattata all’uso militare.

Un incrociatore corazzato fu un tipo di incrociatore protetto da una corazzatura su tutti i fianchi, così come sui ponti e sulle postazioni dei cannoni.

L’incrociatore da battaglia fu un tipo di grande nave da guerra che si evolse a partire dall’incrociatore corazzato man mano che la nuova tecnologia permise di costruire navi più grandi.

La differenza principale era il suo armamento principale uniforme, a differenza dell’incrociatore corazzato che possedeva cannoni di calibro grande ed intermedio.

Gli incrociatori da battaglia erano di dimensioni comparabili ad una corazzata ed avevano i cannoni di una corazzata, ma una corazzatura sostanzialmente più leggera, utilizzando il risparmio di peso per installare motori potenti per ottenere una velocità maggiore.

Un incrociatore leggero è una nave da guerra che risponde al principale requisito di un incrociatore, quello di essere in grado di eseguire azioni indipendenti dal punto di vista dell’autonomia, e di norma di dimensioni maggiori di un cacciatorpediniere di pari periodo.

L’incrociatore protetto ha il nome dovuto all’ammontare minimo di corazzatura utilizzata in confronto agli incrociatori corazzati esistenti, nel senso che, mentre gli incrociatori corazzati erano completamente schermati da un’armatura, quelli protetti erano dotati di una corazzatura solo nei punti considerati vitali come i locali macchine e le ‘scudature’ dei cannoni.

La nave a palo era una tipologia di navi da trasporto a vela che venne realizzata tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.

Caratteristica principale di questa nuova tipologia di velieri era rappresentata dalla loro costruzione in metallo e non in legno.

Di solito erano dotate di 3 – 5 alberi armati con vele quadre. Una nave appoggio idrovolanti è una nave dotata di installazioni per operare idrovolanti.

Cannoniera è un tipo di imbarcazione armata con cannoni.

Il termine è piuttosto generico e la sua connotazione precisa è cambiata nel corso degli anni.

Una nave corazzata equivale ad una ‘nave da battaglia’.

Con il termine nave da battaglia (chiamata anche corazzata) si indicano le più potenti navi da guerra delle marine militari per tutto il periodo che va circa dalla metà del XIX secolo fino a poco dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Le navi da battaglia erano protette da pesanti corazze in acciaio e avevano come ruolo principale l’ingaggio di navi da guerra nemiche con il fuoco diretto o indiretto di un arsenale di cannoni.

Inoltre, come ruolo secondario, il bombardamento di bersagli costieri o in prossimità della costa come supporto agli assalti della fanteria.

Le navi da battaglia (e le navi corazzata) avevano sempre 1 o 2 idrovolanti da ricognizione anche se non segnalati nelle schede precedenti.

La nave passeggeri è una nave passeggeri militarizzata, è una nave della marina mercantile talvolta armata ed adattata all’uso militare.

Una portaerei è una nave da guerra il cui ruolo principale è il trasporto in zona di operazioni, lancio e recupero di aeroplani, agendo in effetti come una base aerea capace di muoversi in mare.

Le portaerei permettono pertanto ad una forza navale di proiettare la propria potenza aerea fino a grandi distanze senza dover dipendere da basi terrestri locali per gli aerei.

Ovviamente trasporta aerei solo della propria nazionalità.

Un Transatlantico incrociatore ausiliario equivale ad un ‘incrociatore ausiliario’.

E’ un transatlantico della marina mercantile talvolta armata ed adattata all’uso militare.

Il Transatlantico nave cannoniera ausiliaria equivale ad una ‘nave cannoniera’.

il Transatlantico nave da battaglia ausiliario equivale ad una ‘nave da battaglia’. Shaft horsepower (shp) (cavalli vapore all’albero di trasmissione) è l’unità di misura della potenza erogata all’albero dell’elica di una nave o di un aeroplano, generata da un motore a pistoni o a turbina (la combinazione di un motore a turbina e di un’elica viene comunemente chiamata turboelica).

Indicated horsepower (ihp) è la potenza teorica di un motore alternativo se è completamente privo di attrito nel convertire l’energia in espansione (pressione del pistone × spostamento) nei cilindri.

Un cavallo vapore (HP o CV ) equivale alla potenza 735,49875 Watt e corrisponde alla potenza necessaria al sollevamento di un peso di 75Kg alla velocità di 1 metro al secondo.

Tratto da: Il fuoco del primo conflitto – MARE

Navi e battelli, storia

Una corsa navale agli armamenti era stata in corso tra la Germania e il Regno Unito fin dall’ultimo decennio del XIX secolo. La costruzione del Dreadnought aiutò in realtà la Germania, dato che ridusse di fatto il divario in navi da battaglia rispetto al Regno Unito da 15 navi dell’ultimo modello ad appena una. Inoltre la politica britannica di mantenere una marina più grande delle seconda e terza marina combinate stava diventando insostenibilmente costosa. Nel giro di pochi anni tutte le rimanenti marine passarono a costruire il nuovo tipo di navi. Da diversi secoli la Royal Navy dominava i mari, ma il kaiser Guglielmo II e il suo ministro della marina, Alfred von Tirpitz, si misero al lavoro per cambiare la situazione. La Hochseeflotte e la Grand Fleet valevano troppo per essere rischiate in battaglia e quindi trascorsero la maggior parte della guerra in porto aspettando che l’avversario prendesse il mare, ma rimanendo una minaccia potenziale per l’avversario secondo il concetto di Alfred Thayer Mahan della Fleet in being. Paradossalmente le navi erano troppo costose (perlomeno strategicamente) per essere lasciate in porto e troppo costose da usare in battaglia. Eccetto per alcune operazioni nel mar Baltico contro la Russia, la flotta principale tedesca si limitò a attacchi di incrociatori da battaglia contro la costa orientale britannica, nel tentativo di attirare la flotta di Sua Maestà in mare aperto, così che potesse essere distrutta dalla Flotta d’alto mare tedesca in attesa. A sua volta i britannici fecero puntate contro il Mare del Nord ed entrambe le fazioni realizzarono campi minati di grande estensione. Sebbene ci furono diverse battaglie navali l’unico scontro tra le flotte principali inglesi e tedesche fu la battaglia dello Jutland, una vittoria tattica tedesca (furono affondate quattordici navi britanniche contro undici navi tedesche), ma una vittoria strategica britannica, dato che sebbene la flotta tedesca non venisse distrutta, perse tempo per riportarsi in stato di piena efficienza e rimase in gran parte in porto per il resto della guerra. Dopo la prima guerra mondiale, l’armistizio con la Germania richiese che la maggior parte della flotta d’alto mare tedesca venisse internata a Scapa Flow in Scozia. La maggior parte di queste navi vennero successivamente affondate dai loro equipaggi tedeschi il 21 giugno 1919 appena prima della resa formale della Germania; i marinai tedeschi erano di fatto imbattuti e così volevano rimanere.

Tratto da: Il fuoco del primo conflitto – MARE

Regia Marina Italiana

La Regia Marina fu l’arma navale del Regno d’Italia fino al 18 giugno 1946 quando, con la proclamazione della Repubblica, assunse la nuova denominazione di Marina Militare.

Con la caduta di Gaeta il 15 febbraio 1861, la fine del Regno delle Due Sicilie sancì l’unione della Real Marina Sarda alla Marina borbonica, che contribuì al suo potenziamento.

Il 17 marzo successivo, con la proclamazione del Regno da parte del Parlamento di Torino, nacque la Regia Marina e l’assertore più convinto della necessità per il Regno d’Italia di dotarsi di una forza navale potente che amalgamasse le competenze delle marine preunitarie, Camillo Benso, conte di Cavour (allora Presidente del Consiglio), non mancò di ribadire il proprio impegno di fare dell’Italia una nazione di spiccato carattere marittimo.

L’impegno di Cavour portò ad un notevole sviluppo della flotta, che si interruppe con la battaglia di Lissa; perché la Regia Marina tornasse a dotarsi di navi moderne ci vollero dieci anni, con lo sviluppo della classe Caio Duilio.

Grazie ad ingegneri navali come Cuniberti e Masdea vennero prodotte classi di navi interessanti, ma sempre in numero limitato a causa delle necessità di bilancio del paese.

La guerra italoturca fu il primo vero banco di prova per la nuova flotta, schierando in linea praticamente le stesse navi poi impegnate nella prima guerra mondiale, durante la quale, tuttavia, non vi fu mai alcuna vera e propria “battaglia navale” con la flotta austroungarica.

Le scelte operate tra le due guerre condizionarono infine pesantemente le strategie e le capacità operative della Regia Marina nella seconda guerra mondiale, durante la quale, pur battendosi validamente, subì una serie di sconfitte senza riuscire ad impedire il sostanziale predominio della Royal Navy nel Mar Mediterraneo. Già dal 1890 la marina italiana si interessò della nuova arma sottomarina, quando fu impostato e prodotto nell’Arsenale di La Spezia il sommergibile Delfino, che però non ebbe molta fortuna in quanto il progetto dopo un primo abbandono fu reso operativo solo quattordici anni dopo.

Nel 1914 la flotta contava oltre al Delfino anche cinque Glauco.

Tratto da: Il fuoco del primo conflitto – Italia

Bandiera navale

Da 83 a 174 unità navali

Regia Aeronautica Italiana, coccarda

La coccarda è una decorazione o un distintivo di forma tondeggiante spesso usata come simbolo o come insegna ufficiale dagli Stati sovrani, è anche utilizzata come premio nelle competizioni sportive o come segno di appartenenza politica.

La prima nazione che usò l’effige di una coccarda sui suoi aerei fu la Francia, che iniziò ad applicarla sui velivoli della propria aeronautica militare nel 1909.

L’uso della coccarda sugli aerei militari si diffuse anche sui velivoli di altre nazioni durante la prima guerra mondiale.

Ad esempio la coccarda tricolore italiana comparve per la prima volta, sugli aerei militari, nel dicembre 1917.

La coccarda italiana tricolore è l’ornamento nazionale dell’Italia, è composta dai tre colori della bandiera italiana, con il verde al centro, il bianco subito all’esterno e il rosso sul bordo.

La coccarda tricolore è uno dei simboli dell’Aeronautica Militare Italiana, è diffusamente utilizzata su tutti gli aeromobili statali italiani, non solo militari.

Da: Il fuoco del primo conflitto – Italia