Personaggio al quanto particolare, avvezzo all’alcool, caratteristica che non si concilia con il pilotare un velivolo solitamente. Ha scatti di ira difficilmente controllabili e utilizza un gergo più attribuibile ad un marinaio che ad un ufficiale della regia Aeronautica Italiana.
L’ISPIRATORE DEL PERSONAGGIO
Thomas Fitzpatrick
E’ conosciuto per i suoi due voli da ubriaco in cui, sorprendentemente, è riuscito a far atterrare l’aereo in mezzo alle strade di New York.
La prima di queste sue imprese risale al 30 settembre del 1956: il pilota, allora 26enne, stava bevendo in un bar di Manhattan alle tre del mattino quando qualcuno ha scommesso con lui che non sarebbe potuto arrivare lì dal New Jersey in 15 minuti, Fitzpatrick è andato in New Jersey, alla Teterboro School of Aeronautics, e ha rubato un aereo.
Senza luci e radio, lo ha guidato fino ai pressi del bar, alla St. Nicholas Avenue, vicino alla 191esima Strada, dove ha effettuato quello che è stato definito “un atterraggio impeccabile”.
L’impresa è ancora più stupefacente se si pensa che Fitzpatrick ha condotto l’aereo in mezzo a due file di macchine parcheggiate.
Il pilota se l’è cavata con una multa, visto che il proprietario dell’aereo ha rinunciato a fare denuncia.
Sarà forse anche per quello che, due anni dopo, il 4 ottobre 1958, Fitzpatrick ha ripetuto l’impresa.
Il proprietario di un bar non credeva al racconto del suo atterraggio in mezzo alla strada, e il pilota non ha esitato a dimostrargli che ne era totalmente capace.
La seconda volta, però, il giudice lo ha condannato a 6 mesi di prigione, per aver portato un oggetto rubato nella città. “Se fossi stato scosso per bene la prima volta, forse non sarebbe successo una seconda”.
Fermo alto ufficiale italiano che raccoglie la ‘squadra sperimentale C’ tramutandola nella ‘squadra ombra’, ai suoi soli ordini solo dopo qualche mese dalla loro assegnazione al Tenente Riva. Non ama far valere il suo grado militare ma a necessità di certo non si tira in dietro. Riuscirà a farsi rispettare dai suoi uomini diventando un figura di riferimento per loro.
Esce dall’Accademia come sottotenente al 8° bersaglieri nel 1882.
Presta servizio in vari reggimenti e viene destinato nel 1887 alle truppe d’Africa.
A Cassala, nel 1894, il Tenente Giardino guadagna una Medaglia d’Argento coi pochi ufficiali bersaglieri che componevano il comando e lo stato maggiore delle forze coloniali.
Rimpatriato con promozione presta servizio al 6° Reggimento Bersaglieri come capitano.
Frequenta la Scuola di Guerra e il Comando di Stato Maggiore classificandosi coi primi.
Fra il 1904 e il 1911 è maggiore al 3° Reggimento poi Capo di Stato Maggiore alla Divisione di Livorno e poi di Napoli.
Sostituisce il maggiore Soldati nel 1916 diventando il loro nuovo comandante. Francese di origine, non è di certo di estrazione militare o quanto meno non ne è più affine, è un duro superiore difficile da amare. Sotto ogni corazza c’è un uomo, anche lui, forse, saprà mostrare quel lato ai suoi uomini, ma solo quando potrà veramente fidarsi di loro.
Medagliere:
1914
Ufficiale dell’ordine della Legione d’onore
1914
Medaglia d’argento al valor militare
1915
Ufficiale dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
1916
Croce al merito di guerra
1918
Medaglia commemorativa italiana della vittoria
1918
Medaglia commemorativa guerra del ’15/’18
1919
Croix de guerre francese ’14/’18
1919
Cavaliere di Gran Croce dell’ordine militare dei Savoia
L’ISPIRATORE DEL PERSONAGGIO
Ugo Cappelletti
Irredento triestino, ingegnere, volontario di guerra e tenente nel 3º artiglieria da fortezza, già dell’Ufficio I, nomina di vice-console a Zurigo col nome di Damiani.
Il colpo di Zurigo fu un’azione di spionaggio compiuta dai servizi segreti italiani – in particolare dal Servizio informazioni della Regia Marina – in una notte negli ultimi giorni di febbraio del 1917.
Organizzatori dell’azione furono il c.v. Marino Laureati, e il t.v. Pompeo Aloisi, parteciparono a vario titolo all’azione il ten. Ugo Cappelletti, il ten. Salvatore Bonnes, il 2º c. sil. Stenos Tanzini, Remigio Bronzin, Natale Papini e l’avvocato Livio Bini.
Alto ufficiale teutonico, militare duro e intransigente, esperto di tattica e strategia è un diffidente appartenente ad un esercito, che a breve, sarà nemico di quello italiano.
L’ISPIRATORE DEL PERSONAGGIO
Konrad Krafft von Dellmensingen
E’ stato un generale tedesco di origini bavaresi, che prestò servizio in qualità di generale e capo di stato maggiore nei principali fronti di battaglia della prima guerra mondiale.
Si distinse per capacità e preparazione al comando dell’Alpenkorps tedesco in Italia, e per aver assunto un ruolo determinante nell’organizzazione tattica della battaglia di Caporetto contro l’esercito italiano, tanto da essere definito dallo storico Gianni Pieropan; «l’autentico deus ex machina della 12ª battaglia dell’Isonzo».
Krafft von Dellmensingen si ritirò dal servizio attivo nel dicembre 1918, e intraprese una carriera politica con lo scopo di appoggiare una restaurazione monarchica in Baviera.
Si ritirò però ben presto a vita privata, dedicandosi agli studi sulla storia delle unità bavaresi impegnate nel primo conflitto mondiale.
Nel 1937 il regime nazista dedicherà a Krafft una caserma militare nella località di Garmisch-Partenkirchen, la “Krafft von Dellmensingen Kaserne”, che con la fine della seconda guerra mondiale verrà occupata dalle truppe statunitensi e che nel 1993 diverrà la sede del “George C. Marshall European Center for Security Studies”.
Il generale Krafft von Dellmensingen morì nella sua Baviera nel 1953, a 91 anni di età.
Teutonica oscura figura manipolatrice di adepti senza scrupoli, pronti a qualsiasi cosa per raggiungere il lato più buio delle credenze che il barone è capace di infondergli.
L’ISPIRATORE DEL PERSONAGGIO
Erich Friedrich Wilhelm Ludendorff
Nazionalista accanito, ufficiale di eccellente preparazione teorica, dal carattere brusco e irritabile, dotato di grande energia e di notevoli capacità organizzative e strategiche, divenne durante la prima guerra mondiale il principale collaboratore del generale Paul von Hindenburg e la vera personalità dominante dello stato maggiore tedesco, conseguendo numerosi successi operativi sui vari campi di battaglia.
Dopo la sconfitta si fece teorico del concetto di guerra totale e sostenne inizialmente Adolf Hitler e il nascente nazismo, prima di ritirarsi dalla vita pubblica per abbracciare un oscuro misticismo antisemita e pagano, connesso all’epica germanica.
Come altri nazisti della prima ora portò avanti una linea alternativa all’hitlerismo e fu emarginato dalla vita politica.
Morì nel 1937, dopo aver messo in guardia l’ex alleato Paul von Hindenburg, deceduto nel 1934, dal pericolo fatale che la demagogia di Hitler, ormai detestato da Ludendorff, rappresentava per la Germania.
Morì di cancro al fegato a Monaco, dove ricevette un funerale di Stato da parte del regime, contro la sua esplicita volontà.
Cinico e spietato alto ufficiale francese, diffidente e paranoico come solo un disturbato piò essere, è un insensibile esperto torturatore soprannominato ‘docteur libèration’, sollievo dato da Bernard solo con la morte.
L’ISPIRATORE DEL PERSONAGGIO
Klaus Barbie
Nel 1940 Barbie ottenne i gradi di Sturmführer (luogotenente) delle SS.
Venne assegnato all’ufficio dell’SD di Amsterdam, nei Paesi Bassi occupata, dove fu incaricato della deportazione degli ebrei olandesi.
Ad Amsterdam si guadagnò ben presto fama di spietato persecutore.
Nella città olandese fu protagonista di un episodio in cui dimostrò la sua efferatezza: dopo avere incrociato un venditore di gelati ebreo lo uccise a colpi di pistola in mezzo alla strada perché, a suo giudizio, la vittima non lo aveva salutato con la necessaria deferenza.
Nel 1942 fu trasferito a Lione: divenne il vice del capitano Heinz Hollert, il comandante di una unità speciale (Einsatzkommando) incaricata di stroncare i movimenti di Resistenza francese, e assunse il comando della Sezione IV, la sezione investigativa impegnata nella ricerca degli ebrei.
Nominato capo della Gestapo di Lione, con il grado di Hauptsturmführer, equivalente al grado di capitano, si distinse per la deportazione di centinaia di ebrei e la tortura ed eliminazione fisica di altre centinaia di patrioti francesi.
Stabilì il suo quartier generale all’Hôtel Terminus di Lione, che divenne presto il luogo simbolo delle torture della Gestapo nella città: escogitò il sistema di rastrellare a caso i passanti per le strade di Lione e di torturarli sino a che qualcuno stremato dal dolore non si decideva a rivelare qualche informazione rilevante, qualsiasi informazione, anche basata su una semplice diceria.
Scovò 44 bambini ebrei nascosti in un villaggio di Izieu e li fece deportare nel campo di concentramento di Auschwitz.
Il 7 giugno 1943 catturò un membro della Resistenza, René Hardy, e, attraverso le informazioni estortegli con la tortura, riuscì ad arrestare Jean Moulin, uno dei principali capi della Resistenza francese, insieme ad altri due patrioti francesi.
L’8 marzo 1944 fece arrestare il partigiano “Narbonne”, conosciuto anche come Marc Bloch, un famoso storico ebreo-francese che era entrato nella resistenza cittadina.
Nel settembre 1944, in previsione di un’eventuale avanzata degli alleati, bruciò tutti gli archivi della Gestapo di Lione, fece uccidere un centinaio di persone che conoscevano la sua attività ed eliminò ventidue agenti che lavoravano per suo conto e che si erano infiltrati nella Resistenza.
Di ciò che fece Barbie negli ultimi dieci mesi di guerra non si sa nulla: scomparve letteralmente da ogni documento, da ogni archivio, ed anche la sua scheda personale nel registro delle SS non fornisce alcuna informazione.
Il processo nei suoi confronti si celebrò dall’11 maggio al 4 luglio 1987 e la corte chiese conto a Barbie, oltre all’imputazione generica di crimini contro l’umanità, dei seguenti crimini:
il massacro di 22 ostaggi nello scantinato dell’edificio della Gestapo durante l’estate del 1943; l’arresto e la tortura di 19 persone durante l’estate del 1943;
il rastrellamento di 86 persone dagli uffici dell’U.G.I.F. (Union Générale des Israélites de France) il 9 febbraio 1943;
la fucilazione di 42 persone (di cui 40 erano ebree) come uccisioni di rappresaglia durante gli anni 1943 e 1944;
la cattura, la tortura e la deportazione degli operai ferroviari di S.N.C.F. il 9 agosto 1944; la deportazione ad Auschwitz di 650 persone (50% ebrei, 50% partigiani);
la fucilazione di 70 prigionieri del carcere lionese di Montluc-à-Bron il 17 agosto 1944 ed il 20 agosto 1944, dei quali due erano sacerdoti;
l’arresto e la deportazione di 55 ebrei (52 erano bambini) da Izieu.
Nel pomeriggio del 4 luglio 1987 la Corte del Tribunale di Lione condannò Klaus Barbie all’ergastolo per i comprovati crimini contro l’umanità.
Morì quattro anni dopo, nel carcere di Lione, il 25 settembre 1991, per leucemia.
Amico o nemico è una caratteristica che difficilmente si capisce quando si fa parte di reparti particolari di vari eserciti, o ‘non’ eserciti, J.D. parla molto bene l’italiano, ma da che parte si schiererà è difficile capirlo. Simpatico e pratico, riuscirà sicuramente in un intento al quanto arduo, piacere a Borrini.
L’ISPIRATORE DEL PERSONAGGIO
Enver Hoxha riferisce che Iosif Stalin considerava il Vaticano «un centro reazionario [e] molti preti cattolici e missionari del Vaticano sono delle spie matricolate di livello mondiale».
Andò molto vicino il dittatore sovietico, perché è stato scoperto che da quasi cinquecento anni, grazie a una rete composta da semplici sacerdoti, alti prelati e comuni laici, il Papa ha avuto a disposizione il servizio segreto più affidabile della storia.
Ovviamente la Santa Sede ha sempre negato l’esistenza di questa intelligence vaticana.
Il Sodalitium Pianum è una rete di controspionaggio, propaganda e disinformazione organizzata da monsignor Umberto Benigni dal 1909.
L’istituzione nasce per occuparsi della lotta contro il pericoloso modernismo.
Individuati i “modernisti” ecclesiastici, dai semplici sacerdoti ai cardinali, Benigni li denunciava al Sant’Uffizio.
La sede del Sodalitium si trovava fuori dal Vaticano, in via del Corso presso la “Casa san Pietro”.
Il Sodalitium Pianum è formalmente sciolto nel 1922 da papa Benedetto XV.
Capo di una banda di briganti nascosti tra Oga e Santa Lucia, è un furbo manovratore attratto dal denaro a da tutti coloro che possono fornirglielo, per lui sono tutti amici, anche in tempo di guerra. La sua ironia e simpatia lo distinguono, riuscendo a farsi amare ed odiare allo stesso tempo, ma questa sua arma lo ha mantenuto in vita e continua a farlo.
L’ISPIRATORE DEL PERSONAGGIO
Carmine Crocco
Detto Donatelli o Donatello (Rionero in Vulture, 5 giugno 1830 – Portoferraio, 18 giugno 1905), è stato un brigante italiano tra i più noti e rappresentativi del periodo risorgimentale.
Era il capo indiscusso delle bande del Vulture, sebbene agissero sotto il suo controllo anche alcune formazioni dell’Irpinia e della Capitanata.
Nel giro di pochi anni, da umile bracciante divenne comandante di un esercito di duemila uomini e la consistenza della sua armata fece della Basilicata uno dei principali epicentri del brigantaggio postunitario italiano nel Mezzogiorno continentale d’Italia.
Dapprima militare borbonico, disertò e si diede alla macchia.
In seguito, combatté nelle file di Giuseppe Garibaldi, poi per la reazione legittimista borbonica, distinguendosi da altri briganti del periodo per chiara e ordinata tattica bellica e imprevedibili azioni di guerriglia, qualità che vennero esaltate dagli stessi militari sabaudi.
Alto 1,75 m, dotato di un fisico robusto e un’intelligenza non comune, fu uno dei più temuti e ricercati fuorilegge del periodo post-unitario, guadagnandosi appellativi come “Generale dei Briganti”, “Generalissimo”, “Napoleone dei Briganti”, e su di lui pendeva una taglia di 20.000 lire.
Arrestato nel 1864 dalla gendarmeria dello Stato Pontificio, ove aveva tentato di trovar riparo, venne processato nel 1870 da un tribunale italiano.
Fu condannato a morte, poi commutata in ergastolo nel carcere di Portoferraio.
Durante la detenzione scrisse le sue memorie che fecero il giro del regno e divennero oggetto di dibattito per sociologi e linguisti.
Benché una parte della storiografia dell’Ottocento e inizi del Novecento lo considerasse principalmente un ladro e un assassino, a partire dalla seconda metà del Novecento iniziò ad essere rivalutato come un eroe popolare, in particolar modo da diversi autori della tesi revisionista, anche se la sua figura rimane ancora oggi controversa.
Il brigantaggio fu un fenomeno di natura criminale, frutto dell’attività di bande di malfattori che infestavano campagne o vie di comunicazione a scopo di rapina e omicidio.
Tra i crimini, particolarmente violenti, perpetrati dai briganti spiccano la grassazione, l’omicidio, l’abigeato, lo stupro, oltre che varie forme di minaccia e angherie.
Sebbene il fenomeno abbia origini remote e riguardi periodi storici e territori diversi, nella storiografia italiana questo termine si riferisce generalmente alle bande armate presenti nel Mezzogiorno d’Italia tra la fine del XVIII secolo e il primo decennio successivo alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861.
Lo Stato Italiano iniziò una lotta serrata, utilizzando l’esercito, per arginare e debellare questo fenomeno, che si ridusse con l’inizio del Novecento ma che impiegò ancora anni prima di essere completamente debellato.
Giorgetti Armando Pasquale (Fiumicino – 07 agosto 1896) parte da Roma con la sua avventura, trasferito dal caldo di una sicura caserma di alpini al freddo operativo del Bormio. Estremamente diplomatico e sempre gentile, essendo abituato a doversi confrontare con nobili ufficiali superiori, viene scelto per la sua conoscenza delle lingue ma, come tutti, ha anche un lato sconosciuto ai suoi compagni di squadra.
Promozioni e ruolino:
1914 – Gruppo Alpini B, battaglione alpini ‘Pinerolo’, distaccamento comando e servizi a Roma.
05/04/1915 – Trasferimento alla 7° Divisione di Artiglieria Valtellina, 66° reggimento fanteria, servizi divisionali.
01/03/1919 – Reintegrato nell’8° Battaglione Carabinieri Lazio a Roma.
Brigadiere
01/01/1922 – Trasferito al Comando Stazione Carabinieri Fiumicino Fregene.
Maresciallo
Medaglie:
1918
Medaglia commemorativa guerra ’15/’18
L’ISPIRATORE DEL PERSONAGGIO
Pasquale Giorgetti
Nel centenario della prima guerra mondiale viene ritrovato in un armadio un vecchio quaderno.
Dentro ci sono lettere e fotografie.
Sono quelle di Pasquale Giorgetti, un giovane maestro di Camerano morto nel 1915 nella seconda battaglia dell’Isonzo, dopo un solo mese di guerra, mentre guidava il suo plotone all’assalto di un trincerone, e in seguito decorato con medaglia al valore.
fonte: amazon (libro)
Matteo Giorgetti
Fucilato per diserzione nel 1917, un’inchiesta militare appurò che si era trattato di un abuso.
Classe 1895, soldato del 38° reg. Fanteria, brigata Ravenna, la storia drammatica di questo militare romagnolo riemerge dalle polverose carte degli archivi militari della Grande Guerra finita in una delle pagine più oscure e controverse della nostra storia nazionale, quella delle fucilazioni senza processo.
Corelli Carlo Marco (Cravera – 27 ottobre 1894) è un prode bersagliere per scelta. Se si volesse dare un nome al militare per eccellenza, quel militare si chiamerebbe Carlo Corelli. Sergente istruttore, autoritario caposquadra, umano nell’animo ma diretto nel comando. Lasciare la sua amata caserma di formazione non lo rende felice ma gli ordini sono ordini e lui li esegue, come sempre, senza discutere.
Promozioni e ruolino:
1914 – I° Brigata Bersaglieri, 9° Reggimento, battaglione IX Ciclisti.
05/04/1915 – Trasferimento alla 7° Divisione di Artiglieria Valtellina, 66° reggimento fanteria, servizi divisionali.
Croce del corpo di spedizione dell’Oriente Balcanico
1914
Medaglia del terremoto della Marsica
05/08/1915
Croce D’oro dell’Ordine Militare
1918
Medaglia commemorativa guerra del ’15/’18
L’ISPIRATORE DEL PERSONAGGIO
Giovannardi Corelli Marco
Medaglia d’Argento al Valor Militare, al momento, non è stata reperita la motivazione ufficiale per il conferimento dell’onorificenza pubblicata sul bollettino ufficiale 192, dispensa 21 – pag. 1117 (probabilmente del 1920) come indicato nella lettera del Ministero della Guerra del 15 maggio 1920.
Maggiore nel 1° reggimento Bersaglieri, nato a Forlì nel 1884, dimorante a Bologna, morto per ferite a Chiesuola sul Piave il 27 ottobre 1918, sepolto nel cimitero di Falzè di Piave e traslato nella tomba di famiglia nella Certosa di Bologna. Ufficiale in S. A. P. Celibe, ha fatto parte anche degli Arditi.