S:2 – Ep.39
Giovanni Agnelli è una persona qualunque.

Figlio di Edoardo Agnelli e di Aniceta Frisetti, fu il capostipite della notissima famiglia di imprenditori torinesi, era il nonno del più contemporaneo Gianni Agnelli.
Giovanni Francesco Luigi Edoardo Aniceto Lorenzo nacque il 13 agosto 1866 in una famiglia di proprietari terrieri, tra le mura della casa appartenente al nonno, nel comune piemontese di Villar Perosa; venne iscritto da bambino al collegio San Giuseppe e frequentò poi il ginnasio di Pinerolo, completando gli studi classici a Torino.
In seguito venne avviato alla carriera militare presso l’Accademia militare di Modena, dove conseguì il grado di ufficiale di cavalleria di prim’ordine nel Nizza Cavalleria, ma ben presto avvertì un crescente disinteresse per la vita militare, era infatti attirato dai progressi tecnologici, che a poco a poco, grazie anche alla diffusione delle idee positiviste nell’Europa della Belle Époque, alimentate dai progressi della rivoluzione industriale di matrice anglosassone, stimolavano in lui il desiderio d’intraprendere una carriera dedita interamente alla produzione di nuovi mezzi tecnologici.
Nel 1889 sposò Clara Boselli e dal matrimonio nacquero due figli: Aniceta Caterina che sposerà poi il barone Carlo Nasi ed Edoardo che sposerà Donna Virginia Bourbon del Monte, dei principi di San Faustino.
Abbandonata la carriera militare nel 1893, sviluppò un vivo interesse per la meccanica, che lo portò, senza grossi risultati, ad alcuni tentativi imprenditoriali nel campo e lasciato l’esercito, tornò a Villar Perosa con l’intenzione di dedicarsi all’attività di famiglia, l’agricoltura.
Per breve tempo divenne commerciante di legnami e sementi, a Torino, dove poi si trasferì, frequentava assiduamente il caffè di madame Burello, dove conobbe alcuni aristocratici appassionati di meccanica e di automobilismo.
Nel 1896 entrò come socio di capitale nelle Officine Storero, che a Torino costruivano biciclette, per le quali concluse un contratto d’importazione in esclusiva dei tricicli Prunelle, dotati di motore a scoppio De Dion-Bouton.
L’11 luglio 1899 fondò, insieme ad alcuni investitori molto noti nel campo automobilistico, la Fabbrica Italiana Automobili Torino, conosciuta poi semplicemente come FIAT.
L’azienda ebbe fin dall’inizio un rapido sviluppo, grazie soprattutto all’amicizia che l’imprenditore condivideva con Giovanni Giolitti (cinque volte primo ministro italiano); fra il 1902 e il 1906 la produzione annua della Fiat passò da 73 a 1.097 vetture, con una crescita media del 72%.
I risultati economici superano le aspettative e nel 1906 la prima società Fiat viene liquidata e ricostituita con un capitale di nove milioni e un oggetto sociale molto ampio, che incluse, oltre alle automobili, i trasporti ferroviari, i mezzi di navigazione e gli aeroplani.
Agnelli risultava il maggiore azionista della società, nel 1908 avviò la produzione della “Tipo 1 Fiacre”, prima automobile pensata come taxi e successivamente progettò la “Fiat Zero”, anche se il vero successo arrivò con la prima guerra mondiale.
Fu il primo in Italia ad avviare la produzione di mitragliatrici e raggiunse subito un’alta specializzazione anche nel campo degli esplosivi, degli apparati per sottomarini, nell’artiglieria e nei motori navali nonché nel settore aeronautico.
La Fiat-Revelli Mod.1914 è stata una mitragliatrice media, adottata dal Regio Esercito italiano nella prima guerra mondiale, fu in assoluto l’arma automatica più usata nella Grande Guerra.
Il progetto dell’arma risale al 1910 quando Abiel Revelli decise di modificare la mitragliatrice Perino Mod. 1908 oramai obsoleta, il prototipo fu presentato ad un bando indetto dal Regio Esercito, che però fu vinto dalla Maxim.
Dalla modifica della Fiat-Revelli Mod. 1914, alla luce delle nuove dottrine operative, si andavano evidenziando i limiti di questa arma, legati soprattutto al peso eccessivo del raffreddamento ad acqua ed al sistema di alimentazione poco affidabile.
Non di meno, il calibro da 6,5 × 52 mm, pur garantendo la standardizzazione con quello dei fucili Carcano Mod. 91, con ovvie ricadute positive sulla catena degli approvvigionamenti, si dimostrava però troppo poco prestante sui nuovi e dinamici campi di battaglia.
Il Regio Esercito, mentre quindi avviava l’acquisizione della nuova Breda Mod. 37 in calibro 8 × 59 mm RB Breda, pensò di sfruttare le numerosissime Mod. 14 ancora disponibili riconvertendole al nuovo calibro e modificandone gli aspetti che avevano mostrato le maggiori criticità.
Non solo la Revelli fu prodotta dalla Fiat, anche la Villar Perosa, denominazione ufficiale FIAT Mod. 1915, è stato un mitra progettato in Italia nel 1914 ed utilizzato nella prima guerra mondiale, fu continuamente rimaneggiata nel corso del conflitto ma costituì l’arma principale degli Arditi.
Nel giugno 1913 a Nettuno lo Stato Maggiore dell’Esercito testò di nuovo l’arma ritenendola stavolta rispondente ai requisiti; tuttavia il buon risultato non si concretizzò in un ordine a causa dell’inconveniente di dover addestrare i mitraglieri su due modelli diversi.
Ma a causa del ritardo nelle consegne delle 920 Maxim ordinate (delle quali solo 609 consegnate), nel novembre 1914 lo Stato Maggiore dell’esercito rivalutò per la terza volta la mitragliatrice Fiat, che venne finalmente ordinata.
Il principale terreno d’espansione fu comunque quello degli autotrasporti, alla Fiat fu dovuta in misura determinante la creazione ex novo e il successivo potenziamento del parco automobilistico per i servizi generali e per il trasporto delle artiglierie e delle truppe di fanteria e cavalleria.
Così come gli autocarri 15bis e 15ter avevano avuto una funzione cruciale nella campagna di Libia, il 18BL ne ebbe una importantissima negli spostamenti di truppe durante la grande guerra.
Nel 1909 il Regio Esercito richiese un autocarro leggero multiruolo, per trasporto di personale e materiali, la Fiat Veicoli Industriali progettò così il Fiat 15 che entrò in servizio nel 1911 e venne massicciamente impiegato nella Guerra italo-turca.
Nel 1911 entrò in produzione la versione Fiat 15 bis, detto anche Libia perché destinata all’impiego in questa colonia, sostituita nello stesso ruolo, nel 1913 dalla Fiat 15 ter, quest’ultima venne prodotta su licenza in 6.285 esemplari dalla russa AMO/ZIL, che lo denominò F-15.
Durante la prima guerra mondiale, alla sua produzione per le forze armate si affiancò quella del Fiat 18, sviluppato e prodotto a partire dal 1911, ma il vero successo per questo autocarro arrivò proprio durante la Grande Guerra, quando il modello Fiat 18BL divenne la spina dorsale della logistica italiana, specialmente durante le offensive del 1916.
L’esercito italiano aveva aperto le ostilità con 400 vetture e 3.400 autocarri, per lo più di produzione Fiat e al termine del conflitto, nonostante le ingenti perdite subìte, si trovava a disporre di 2.500 vetture e di 28.600 autocarri.
Fiat fabbricò tra il 1914 e il 1918 qualcosa come 71.000 autovetture, di cui circa 63.000 per conto non solo dell’amministrazione militare italiana, ma anche di quelle alleate, negli ultimi mesi di guerra giunse a fornire il 92 per cento della produzione nazionale di autocarri e l’80 per cento dei motori di aviazione.
Ci provò anche con i mezzi blindati, il Fiat 2000 Mod. 17 era un carro armato pesante costruito in Italia e adottato dal Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, fu progettato dalla FIAT nel 1917 e venne prodotto in due soli esemplari, uno nel 1917 e uno nel 1918.
Fu il primo carro armato progettato e realizzato in Italia, e causa della sua corazzatura, la più spessa tra i carri coevi, con le sue 40 tonnellate fu il mezzo più pesante prodotto durante il primo conflitto mondiale, eccezione fatta per il mai ultimato tedesco K-Wagen da 120 tonnellate.
Oltre che per il peso, si distingueva per alcune innovative soluzioni, come la torretta completamente girevole presente anche sul carro francese Renault FT, armata di cannone ed il vano motore separato dal vano equipaggio.
La guerra poi finì e poco dopo, il 1º dicembre 1920, Giovanni Agnelli acquistò dal senatore Alfredo Frassati una quota azionaria del 20% del quotidiano torinese La Stampa, con un diritto di prelazione sulla rimanente parte del capitale, il che gli consentì dall’ottobre 1926 di controllare finanziariamente la testata.
In quegli anni viene fondato il famoso stabilimento del “Lingotto” dove venne impiantata la prima catena di montaggio italiana, ispirata alla Ford che l’imprenditore aveva visitato in quegli anni negli Stati Uniti.
Nel 1923 la FIAT era un produttore internazionale di automobili e Giovanni Agnelli divenne senatore del Regno, egli vide inoltre un grande futuro nello sci, sport allora nato da poco.
Fra il 1928 e il 1931 acquistò alcuni terreni al colle del Sestriere, in alta Val Chisone, dove costruì la seconda stazione sciistica italiana dopo Bardonecchia che era stata aperta nel 1908.
Il successo negli affari di Agnelli venne funestato dalla morte dei figli, Aniceta ed Edoardo, rimasto vittima di un incidente aereo all’idroscalo di Genova.
Gli anni successivi, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, registrarono un nuovo notevole sviluppo dell’impero FIAT: venne prodotta la prima Cinquecento, nota tra i consumatori e appassionati di automobilismo come Topolino: l’auto riscosse un ottimo successo internazionale.
Negli anni quaranta Giovanni Agnelli, ormai settantenne, scelse il nipote Gianni, figlio di Edoardo, come suo successore alla guida delle aziende.
Il 23 marzo 1945 Agnelli venne accusato dalla Commissione del CLN per le epurazioni di compromissione con il regime fascista e privato temporaneamente della proprietà delle sue imprese; informato in via ufficiosa della sentenza di assoluzione, morì a Torino il 16 dicembre 1945.
Ma questa, è un’altra storia.

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