Arthur Machen – Gli angeli di Mons

S:2 – Ep.34

Arthur Machen è una persona qualunque.

Arthur Machen, pseudonimo di Arthur Llewelyn Jones è stato uno scrittore gallese, noto soprattutto per i suoi racconti dell’orrore, del fantastico e del soprannaturale.

Arthur nacque a Caerleon, trascorrendo la sua infanzia in quella regione ricca di suggestioni e riferimenti storici che influenzò profondamente la sua sensibilità e successivamente la sua produzione artistica.

La povertà della sua famiglia gli impedì di frequentare l’università e Machen si recò a Londra dove tuttavia dimostrò le proprie qualità letterarie, nel 1881 pubblicò il lungo poema Eleusinia, che si lasciava suggestionare da alcuni affascinanti elementi dei cosiddetti misteri eleusini, riti religiosi misterici che si celebravano ogni anno nel santuario di Demetra nell’antica città greca di Eleusi.

A Londra Arthur visse in relativa povertà lavorando come giornalista, impiegato di tipografia e istitutore, la persona addetta all’istruzione e all’ammaestramento dei figli di famiglie ricche, continuando nel tempo libero la sua attività di romanziere, che in quel periodo risentì molto delle lunghe passeggiate attraverso la città.

Nel 1910 Machen accettò un lavoro fisso come giornalista presso l’Evening News di Alfred Harmsworth sempre a Londra e allo scoppio della guerra, nel 1914, venne inviato come corrispondente, arrivò alla notorietà con gli episodi di “cronaca” The Bowman e Angels of Mons.

Pubblicò inoltre una serie di racconti, molti dei quali di propaganda, tra cui The Great Return (1915) e il romanzo breve Il terrore (1917), oltre ad una serie di articoli autobiografici poi raccolti nell’antologia Far off Things, ma oggi ci occuperemo nello specifico di Bowman, degli angeli di Mons, dei falsi miti della prima guerra mondiale e di quello che scaturirono.

Il 22 e il 23 agosto del 1914 le truppe britanniche e quelle tedesche si scontrarono nella città belga di Mons, era la prima grande battaglia della guerra, che contrariamente alle aspettative, costrinse l’esercito britannico a ritirarsi.

Poco dopo il nostro scrittore Machen, ispirato dalla battaglia, scrisse The Bowman, un racconto dove un soldato evocava grazie a San Giorgio un gruppo di arcieri fantasma della battaglia di Azincourt, avvenuta 500 anni prima.

La battaglia di Azincourt si svolse vicino l’omonima località nell’odierno dipartimento del Passo di Calais il 25 ottobre 1415 nell’ambito della guerra dei cent’anni, vedendo contrapporsi le forze del Regno di Francia di Carlo VI contro quelle del Regno d’Inghilterra di Enrico V.

Falliti i negoziati con i francesi, gli inglesi ripresero la campagna sul continente europeo ma a causa delle malattie, l’esercito di Enrico perse numerosi soldati e fu costretto a ritirarsi ripiegando, ma lungo la via per Calais i francesi sbarrarono loro la strada presso Azincourt con un’armata molto più numerosa.

Negli scontri che seguirono, re Enrico in persona guidò in prima linea il suo esercito, la battaglia vide un ampio uso dell’arco lungo, circa l’80% delle forze inglesi erano formate da arcieri mentre re Carlo VI di Francia non prese parte alla battaglia, a causa dei disturbi psichici di cui soffriva.

In virtù della decisiva vittoria inglese la battaglia è considerata uno dei momenti più cupi della storia della Francia e, al contrario, uno dei più fulgidi per l’Inghilterra.

L’articolo sugli angeli di Mons di Arthur Machen fu pubblicato sul London Evening News il 29 settembre di quell’anno, senza una chiara indicazione che si trattava di un racconto di fantasia e da quel momento Machen, che non aveva mai voluto creare una bufala, perse totalmente il controllo della sua creatura.

Nonostante i tentativi dell’autore di chiarire la faccenda, gli Angeli di Mons furono presi sul serio e si moltiplicarono le storie su di loro, spuntarono addirittura soldati pronti a confermare la loro esistenza, anche se non si trovavano nemmeno lì.

La propaganda britannica favorì la circolazione di questa (e altre) storie, che avevano il pregio di tenere alto il morale delle truppe, ma considerando che non può esistere il bene senza il male, da un’altra parte della guerra, si incominciò a parlare dei disertori cannibali.

La terra di nessuno, quel tratto di terra compresa fra due trincee nemiche tra loro, fa da sfondo a un’altra leggenda della Grande guerra, quella dei Wild deserters, in questo caso, però, la speranza dell’aiuto celeste cede decisamente il passo all’orrore.

Erano un branco di disertori che ospitava rappresentanti di quasi tutte le nazioni in conflitto (dal 1915 Italia compresa), il loro territorio era appunto la terra di nessuno, dove si nascondevano in grotte o in trincee abbandonate.

Questi rinnegati fedeli solo alla propria sopravvivenza, orribili nell’aspetto ma molto bene armati, emergevano dal sottosuolo e attaccavano di notte depredando i soldati, secondo alcuni non erano nemmeno umani, ma bestie soprannaturali che si cibavano dei cadaveri insepolti lasciati in quel lembo di terra.

La leggenda è nata con tutta probabilità nelle trincee ed è stata raccontata nelle biografie pubblicate dopo la guerra dai soldati, le guerre sono spesso associate a miti di questo tipo, diffusi sia tra la popolazione che sul fronte.

Molte leggende di guerra infatti devono il loro successo alla propaganda, che è particolarmente interessata a dare ampia pubblicità alle atrocità commesse dal nemico, queste possono essere reali, reali ma esagerate o anche totalmente false, come nel caso delle fabbriche di cadaveri tedesche, in grado di trasformare corpi umani in sapone e altri prodotti.

Come sempre non è facile ricostruire la genesi delle leggende, ma oggi gli storici pensano che sia andata in questo modo: già dal 1915 erano in circolazione voci di questo tipo, ma come voci appunto erano trattate e al massimo i giornali le usavano per fare satira.

Ma nel 1917, partendo da un articolo belga a propria volta basato su un articolo in lingua tedesca, i giornali inglesi pubblicarono quella che sembrava la prova dell’esistenza di una di queste fabbriche.

Persino la famosa rivista medica The Lancet non rinunciò a quello che forse oggi chiameremmo clickbait, e pubblicò un articolo su quello che si poteva ottenere in teoria da un corpo umano.

In realtà le Kadaver-Verwertungs-Anstalt descritte dall’articolo originale in tedesco processavano carcasse animali: kadaver in tedesco non si usa per corpi umani, la propaganda inglese lo sapeva bene, ma fece comunque in modo che la storia si diffondesse.

Dopo la guerra il capo dell’Intelligence britannica John Charteris confessò di aver inventato il tutto con l’obiettivo di convincere la Cina a entrare in guerra, in realtà aveva trasformato in propaganda, cioè in un’arma, una voce già esistente, e questo ebbe delle conseguenze a lungo termine.

I tedeschi di fatti non dimenticarono l’accaduto, e all’alba della II Guerra mondiale la loro propaganda usò la bufala per dimostrare quali falsità potevano raccontare i nemici, inoltre le procedure di sterminio della Shoah, con treni carichi di persone inviati in centri di produzione, ricordavano molto la leggenda delle fabbriche di cadaveri: questo potrebbe essere uno dei motivi per cui all’inizio, anche tra gli alleati, qualcuno non credeva che stesse davvero accadendo.

Ma quello che oggi chiamiamo fake news della prima guerra mondiale non finiscono qui, il 12 aprile del 1915 un giornale parigino, Le Journal des débats, riferì di una bambina che avrebbe raccontato alla madre di aver visto la vergine Maria.

Questa avrebbe previsto la morte della bambina e che la famiglia dopo tre giorni avrebbe ricevuto la notizia del ferimento del padre, l’ultima profezia della Madonna fu che la guerra sarebbe finita a maggio (di quell’anno, cioè il 1915), ovviamente tre giorni dopo, secondo la leggenda, il padre fu ferito veramente.

Le profezie avverate generano l’aspettativa per quella che interessa a tutti, cioè la fine della guerra.

Sempre del 1915 è una storia diffusa dal milanese Il Secolo che riferisce le previsioni di un’anziana agli altri passeggeri di un tram, in questo caso prima pronostica che la guerra finirà in tre mesi, poi, come prova, indovina quanto il bigliettaio ha in tasca, che a questo punto le promette un premio nel caso effettivamente la guerra finisca e, ovviamente, sempre secondo la previsione, la donna indovinò l’ammontare dei soldi in tasca al bigliettaio.

Quasi identica una storia riportata dal Corsera (Corriere della Sera) il 17 marzo 1917, che indicava come fonte il Petit Parisien, l’indovina in questo caso era la tranviera stessa, lo scettico un non precisato ufficiale di non si sa quale esercito, ma per il resto la storia è identica.

Fatto rimane che la guerra finì non a maggio come disse la bimba che vide la Madonna o tre mesi dopo la previsione della vecchia indovina del 1915 e nemmeno nel 1917 come detto dalla tranviera ma, per quelli a cui sfuggisse, l’11 novembre del 1918.

Machen visse quasi tutta la sua lunga vita in povertà, le difficoltà economiche ebbero termine solo nel 1943 in occasione del suo ottantesimo compleanno, quando venne inserito in una lista di importanti letterati, i proventi ricavati da quest’iniziativa gli permisero di vivere felicemente i suoi ultimi anni, fino al 1947 quando morì a Beaconsfield a 83 anni.

Tredici anni dopo la sua morte, Machen fu ampiamente citato ed elogiato come esempio paradigmatico di una diversa visione della realtà de Il mattino dei maghi di Pauwels e Berger e venne citato nel racconto di Lovecraft “Colui che sussurrava nelle tenebre” come autore di suggestivi racconti fantastici.

Certo, Arthur Machen aveva solamente inventato gli angeli di Mons, e ci provò pure a smentire la bufala, ma nessuno gli credette, mentre era più facile credere alle storie diffuse dai giornali delle varie nazioni, strano come oggi funzioni ancora così, a distanza di più di un secolo.

Ma questa, è un’altra storia.

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