S:2 – Ep.33
Gavrilo Princip è una persona qualunque.
Da ormai 32 episodi raccontiamo storie più o meno conosciute del periodo storico della prima guerra mondiale, guerra, iniziata ufficialmente quando l’arciduca Francesco Ferdinando erede al trono venne assassinato, assieme alla moglie Sofia, da un terrorista.
Francesco Ferdinando era nipote (figlio del fratello) dell’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria e, al momento della sua nascita, terzo in linea di successione al trono dopo il cugino Rodolfo e il padre.
Nel 1889 il cugino Rodolfo si suicidò a Mayerling senza lasciare eredi maschi e Carlo Ludovico, padre di Francesco Ferdinando, divenne il primo in linea di successione, così, quando nel 1896 il padre morì Francesco Ferdinando divenne l’erede al trono austro-ungarico.
Ma l’imperatore Francesco Giuseppe, nonostante l’età avanzata, mantenne saldamente il potere e lo tenne sempre lontano dalle decisioni di governo, come del resto aveva fatto in precedenza con il figlio Rodolfo.
Non è noto con sicurezza dove Sophie abbia incontrato per la prima volta l’arciduca erede al trono austro-ungarico, sebbene molte fonti indichino che l’incontro sarebbe avvenuto durante un ballo a Praga, forse nel 1894.
Sophie e Francesco Ferdinando tennero segreta la loro relazione per diversi anni ma quando l’erede al trono iniziò a fare regolari visite nella casa dell’arciduca Federico d’Asburgo-Teschen, divenne di dominio pubblico che era innamorato della figlia di lui e scoppiò uno scandalo pubblico.
L’imperatore Francesco Giuseppe chiarì subito al principe Francesco Ferdinando che non avrebbe mai potuto sposare Sophie perché per essere una candidata ufficiale ad entrare a far parte della famiglia imperiale, avrebbe dovuto appartenere ad una delle famiglie regnanti in Europa o almeno ad una delle precedenti dinastie regnanti.
La famiglia Chotek non apparteneva a nessuna di queste categorie, Francesco Ferdinando replicò che in quel caso non avrebbe mai sposato nessun’altra candidata. Guglielmo II di Germania, lo zar Nicola II di Russia ed il papa Leone XIII furono coinvolti per intercedere in favore del volere imperiale affinché il contrasto tra Francesco Giuseppe e Francesco Ferdinando non minasse la stabilità della Corona imperiale.
Il suo matrimonio con la contessa Sophie Chotek von Chotkowa fu autorizzato solo dopo che la coppia ebbe accettato che la sposa non avrebbe goduto dello status di reale e che i loro figli non avrebbero dovuto avere pretese al trono, Francesco Giuseppe non partecipò alla cerimonia del matrimonio, così come non vi partecipò il fratello dello sposo, Ferdinando Carlo.
Nei primi anni del 20° sec. andarono delineandosi due blocchi contrapposti: Francia e Gran Bretagna, da una parte, saldarono la loro alleanza nell’Intesa cordiale del 1904 e dall’altra, gli ‘imperi centrali’, Austria-Ungheria e Germania, legarono a loro l’Impero ottomano.
Negli stessi anni le crisi internazionali si fecero ricorrenti, in particolare a seguito dell’annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell’Austria-Ungheria che alimentò gli scontri nei Balcani, principale focolaio di tensioni insieme con la competizione franco-tedesca.
Dopo l’attentato dell’arciduca, l’Austria-Ungheria, ottenuta mano libera dalla Germania, lanciò un ultimatum il 23 luglio 1914 alla Serbia, ritenendola corresponsabile e il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia.
La catena delle alleanze fece precipitare la situazione: la Russia rispose con una mobilitazione generale, la Germania dichiarò guerra alla Russia e poi alla Francia, quindi violò la neutralità di Lussemburgo e Belgio e questo atto di forza decise l’ingresso in guerra della Gran Bretagna contro la Germania.
Poche settimane dopo anche il Giappone entrò nel conflitto, in quanto alleato della Gran Bretagna; Francia, Gran Bretagna e Russia sanzionarono con il Patto di Londra una vera e propria alleanza.
La Turchia, timorosa della Russia e legata alla Germania, decretò la chiusura degli stretti alla navigazione commerciale e si unì agli Imperi centrali.
Il Portogallo si schierò a fianco dell’Intesa.
Tutto iniziò, per l’appunto, quando Ferdinando e Sofia furono uccisi con due colpi di pistola da una persona qualunque, un terrorista serbo che si chiamava Gavrilo Princip.
Gavrilo nacque il 25 luglio 1894 in Bosnia Erzegovina, all’epoca territorio amministrato dall’Austria-Ungheria ma soggetto alla sovranità formale dell’impero ottomano.
Era il sesto di nove fratelli e fu uno dei soli tre a sopravvivere durante l’infanzia, era figlio di un postino e la sua gioventù fu segnata dalla povertà e dalle precarie condizioni di salute: contrasse la tubercolosi da bambino.
Studiò presso la Scuola Commerciale a Sarajevo e in seguito si iscrisse alla Scuola superiore ma durante la sua infanzia presso la Scuola Commerciale si distaccò apertamente dai movimenti radicali serbi delle organizzazioni giovanili private.
Divenuto adolescente, nel 1912 fu mandato a Belgrado per continuare la sua istruzione ma abbandonò gli studi quando venne coinvolto nel movimento ultra-nazionalistico serbo, unendosi a un’associazione politico-rivoluzionaria, la Giovane Bosnia, il cui obiettivo era liberare la Bosnia Erzegovina dal dominio dell’Impero austro-ungarico e annetterla al regno di Serbia.
L’organizzazione Giovane Bosnia, nata a Sarajevo agli albori del XX secolo, ebbe dapprima lo scopo ultimo di liberare il territorio bosniaco occupato dal nemico austriaco, senza però essere guidata né da alcuna ideologia comune né da dogmi.
L’attentato vide la partecipazione, oltre a Princip, anche di altri cinque membri della Giovane Bosnia, il gruppo era armato di pistole e bombe, fornite da una società segreta, la Mano Nera, che aveva anche molti sostenitori tra gli ufficiali serbi e i funzionari del governo.
La Mano Nera, ufficialmente Unificazione o Morte, fu una società segreta fondata in Serbia nel maggio del 1911 come parte del più ampio movimento nazionalista pan-slavo, che aveva come obiettivo quello di unire sotto lo stesso Stato tutti i territori con popolazioni serbe, ovvero la Bosnia ed Erzegovina e il Montenegro.
Il gruppo annoverava una vasta gamma di ideologie, dagli ufficiali militari favorevoli alla cospirazione fino agli studenti idealisti tendenti ad ideali repubblicani, a dispetto dell’ideologia fortemente nazionalistica del movimento vicina ai circoli fedeli alla corona.
Il leader del movimento, il Colonnello Dragutin Dimitrijević detto “Apis”, era stato un responsabile diretto nel colpo di Stato del giugno del 1903 che aveva portato al potere il re Petar Karađorđević.
L’obiettivo della Mano Nera era quello di creare uno Stato indipendente slavo guidato dalla Serbia e quelli croati, assoggettati da tempo.
Il progetto dell’organizzazione terroristica panslavista vedeva un ostacolo nel disegno “trialistico” di cui l’arciduca Francesco Ferdinando era il più autorevole sostenitore, che prevedeva la creazione all’interno dell’impero asburgico di un terzo polo nazionale slavo accanto a quelli tedesco e magiaro.
Quello del 28 giugno 1914, a Sarajevo, fu senza dubbio un attentato fuori dal comune, all’inizio sembrava destinato al fallimento, ma poi le cose andarono diversamente.
A Sarajevo, verso le ore 09:50, il commando di attentatori si era recato all’angolo del corso Voivoda, attendendo il passaggio dell’automobile dell’Arciduca per portare a termine la propria missione di morte.
Alle ore 10:00 in punto, lo studente Gavrilo Princip uscì da una locanda unendosi alla folla e posizionandosi in prima fila, con la mano che teneva in tasca stringeva la pistola con la quale avrebbe dovuto sparare all’Arciduca quando la sua auto fosse passata davanti a lui.
Improvvisamente, in fondo al corso, s’udì un’esplosione e, poco dopo, l’auto con a bordo la coppia reale passò a tutta velocità davanti al luogo dove si trovava appostato Princip, dirigendosi verso il municipio.
Il primo attentatore aveva infatti sbagliato il lancio di una bomba a mano, riuscendo solo a ferire l’aiutante di campo di Francesco Ferdinando e a questo punto la missione di Princip sembrava fallita, si incamminò verso via Re Pietro, nel frattempo però, l’automobile dell’Arciduca, raggiunto il municipio, vi si fermò solo il tempo necessario a Francesco Ferdinando per redarguire il sindaco di Sarajevo per l’accoglienza ricevuta, quindi ripercorse a ritroso la strada fatta in precedenza per andare a recuperare l’aiutante dell’erede al trono, che nel frattempo era stato medicato per le leggere ferite riportate in precedenza.
L’auto percorse l’itinerario a passo d’uomo, a causa della massa di gente che, sfollando, aveva invaso la sede stradale, Princip, che deluso stava ritornando alla taverna, si trovò proprio di fronte alla coppia reale ed esplose due colpi di pistola all’indirizzo delle sue vittime, questa volta colpendole a morte, i proiettili esplosi da Princip colpirono l’arciduca Francesco Ferdinando al collo, mentre la moglie fu ferita allo stomaco, causando la morte dei due in breve tempo.
Princip venne immediatamente tratto in arresto dalle guardie presenti.
Dei sei attentatori, la polizia riuscì ad arrestare soltanto Gavrilo Princip e l’amico Nedeljko Čabrinović, gli altri, a causa della grande folla di persone, non ebbero l’opportunità di entrare in azione e riuscirono a dileguarsi.
Una volta arrestato, Princip tentò di suicidarsi, prima provò a farlo ingerendo del cianuro, la seconda volta sparandosi con la sua pistola ma nessuno dei due tentativi andò a buon fine: nel primo caso vomitò il veleno, come successe anche a Čabrinović, mentre nel secondo caso la pistola venne allontanata prima che potesse sparare un altro colpo.
All’epoca dell’attentato Princip, ancora diciannovenne, era troppo giovane per poter subire la condanna a morte, l’assassino venne pertanto condannato a vent’anni di prigione.
Ma in cella trascorse soltanto quattro anni, vivendo in pessime condizioni nella prigione di Terezín, finché morì di tubercolosi il 28 aprile 1918, all’età di 23 anni.
Ma questa, è un’altra storia.
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