S:1 – Ep.21
Giuseppe Aonzo è una persona qualunque.
Giuseppe nacque a Savona il 24 maggio 1887 nella zona del porto e respirò sin da subito l’aria salmastra del mare, crescendo ascoltando i racconti dei marinai quali favole dell’infanzia.
Il percorso di studi lo portò a diplomarsi al locale istituto nautico e sin da subito prese il mare su battelli mercantili.
Svolse il servizio militare di leva ovviamente in marina, venendo arruolato nel 1907.
Il 1º gennaio 1908 venne nominato allievo timoniere e nel maggio dello stesso anno ottenne il grado di timoniere fino ad arrivare a sottocapo timoniere.
Il 12 novembre 1908 venne posto in congedo illimitato.
Crebbe lavorando nella marina mercantile e, grazie alla sua competenza e passione, dedizione e caparbietà, divenne capitano di lungo corso.
Durante la prima guerra mondiale, dopo l’entrata in guerra del Regno d’Italia contro l’Impero austro-ungarico, venne chiamato alle armi per necessità dalla Regia Marina italiana e la sua esperienza marinaresca, nonché la qualifica di capitano di lungo corso, gli permisero di essere inquadrato con il grado di capo nocchiere di 2ª classe.
Dopo poco tempo venne nominato guardiamarina di complemento trasferito dalle navi grigie alla flottiglia MAS di stanza a Venezia, diventando Comandante del mezzo navale più piccolo, ma più insidioso, della Marina italiana.
Il Motoscafo armato silurante o Motoscafo antisommergibili, più conosciuto con la sigla MAS, era una piccola imbarcazione militare usata come mezzo d’assalto veloce e antisommergibile dalla Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale.
Fondamentalmente si trattava di un motoscafo da 12 a 30 tonnellate di dislocamento che arrivava ad un massimo di una decina di uomini di equipaggio, l’armamento era costituito da due siluri e alcune bombe di profondità antisommergibile, oltre a una mitragliatrice o a un cannoncino.
Dal 1º marzo 1918 l’ammiraglio Miklós Horthy assunse il comando della Imperial-Regia marina da guerra austro-ungarica, in sostituzione dell’ammiraglio Maximilian Njegovan.
Con la nomina di Horthy, anche Paolo Thaon di Revel percepì la possibilità che il nuovo comandante austriaco attuasse un’azione di flotta fuori dagli schemi consolidati.
Fino a quel momento, lo sbarramento del Canale d’Otranto era stato attaccato diciannove volte e, in quattro di queste, era presente l’ammiraglio Horthy quale comandante del Novara.
Era quindi molto probabile che il nuovo comandante intendesse dare un segnale di cambiamento nella conduzione della guerra e che il canale d’Otranto, a lui ben noto, rientrasse nei suoi piani.
Segnali di un nuovo imminente attacco si ebbero con una incursione aerea, il 9 giugno, per cui l’ammiraglio Revel dispose che quattro sommergibili francesi venissero posizionati in agguato a nord di Durazzo, mentre gli italiani F10 e F14 furono posti rispettivamente davanti a Pola e al canale di Faresina.
I sospetti non erano infondati: il comando supremo austro-ungarico aveva infatti preparato una potente offensiva, che prevedeva l’impiego di gran parte della flotta.
Il loro compito consisteva nel rimanere nelle posizioni assegnate fino alle 07:30 del giorno 11, ora alla quale rientrare in caso di mancato contatto con le navi italiane.
Si pensava, infatti, che l’azione del gruppo d’attacco avrebbe indotto il comando italiano a far uscire i propri incrociatori corazzati da Brindisi e Valona per inseguire il naviglio austriaco, incrociatori che si sarebbero poi trovati accerchiati dalle maggiori unità austriache, supportate da un largo impiego di sommergibili e aerei.
Il Viribus Unitis e il Prinz Eugen, all’alba dell’11 giugno, raggiunsero in orario la loro posizione a metà strada tra Brindisi e Valona, mentre i due gruppi Szent István e Tegetthoff, nonostante piccoli problemi alla Szent István, che ne ritardarono la marcia, partirono anch’essi alla volta delle posizioni assegnate.
Nel frattempo, il 9 giugno erano partiti da Ancona, per una missione nel medio Adriatico, il MAS 15 del capitano di corvetta Luigi Rizzo e capo timoniere Armando Gori e il MAS 21 del nostro guardiamarina Giuseppe Aonzo.
Fino alle 02:00 del giorno 10 i due MAS dovevano stazionare fra Gruiza e Banco di Selve, in prossimità dell’isola di Premuda, per accertare la presenza di sbarramenti di torpedini; al termine di questa fase dovevano rimanere in agguato fino all’alba per ricongiungersi alle torpediniere d’appoggio.
I ritardi accumulati dal gruppo austriaco comportarono però che, alle 03:15, le unità austriache attraversassero la zona di pattugliamento dei due MAS, che a quell’ora stavano dirigendo da Lutestrago al punto di riunione con le torpediniere.
«Alle 03:15, essendo a circa 6,5 miglia da Lutorstrak avvisto, leggermente a poppavia del traverso e sulla dritta, una grande nuvola di fumo…[…] Decisi perciò di approfittare della luce incerta per prevenire l’attacco e perciò invertivo, seguito dal MAS 21 la rotta dirigendo sulle unità nemiche alla minima velocità. […] Avvicinando il nemico mi accorsi che si trattava di due grosse navi scortate da 8 a 10 cacciatorpediniere […]»
(Rapporto del capitano di corvetta Luigi Rizzo.)
Rizzo, nel tentativo di colpire una delle due grosse navi dalla minima distanza possibile, manovrò tra due caccia che fiancheggiavano la Szent István, aumentò la velocità a 12 nodi, riuscendo a passare fra le siluranti, e, da una distanza non superiore a 300 metri, lanciò entrambi i siluri del MAS.
I due siluri colpirono la nave sollevando alte colonne d’acqua e fumo.
La reazione della torpediniera 76 non si fece attendere: si lanciò all’inseguimento del MAS di Rizzo, aprendo il fuoco da una distanza di 100-150 metri.
Rizzo decise allora di sganciare due bombe antisommergibile, una delle quali scoppiò, inducendo la torpediniera a desistere.
Il MAS 21 di Giuseppe Aonzo lanciò i suoi siluri contro l’altra unità maggiore, la Tegetthoff, da una distanza di 450-500 metri; uno dei siluri colpì la nave, l’altro staccandosi tardivamente dalle tenaglie a causa di un problema tecnico, sfilò a poppavia della corazzata.
Anch’egli fu quindi inseguito da una torpediniera, che riuscì a distanziare per dirigere in sicurezza per il rientro.
La Szent István evidenziò subito dei grossi danni provocati dai siluri del MAS 15; l’acqua penetrò nei locali macchine di prora e di poppa e così si dovettero fermare le macchine.
Ogni quarto d’ora circa lo sbandamento della corazzata cresceva di circa 1° e la Tegetthoff provò più volte a prendere a rimorchio la nave, ma solo alle 05:45 riuscirono a passare la prima gomena, quando lo sbandamento aveva raggiunto i 18° circa.
In quel momento l’inclinazione subì un improvviso aumento e la cima dovette essere recisa; verso le 06:00 la nave iniziò a capovolgersi, per poi affondare del tutto.
Tra gli ufficiali vi furono 1 morto e tre dispersi; tra l’equipaggio i morti furono 13, 72 i dispersi e 29 i feriti.
Alle 07:00 i due MAS raggiunsero Ancona e immediatamente partirono due idrovolanti, che avvistarono alcune unità della classe Tatra in prossimità di isola Grossa e Promontore, con rotta sud.
Alle 9 altri velivoli si alzarono in volo e la ricognizione su Pola confermò l’assenza delle quattro dreadnought.
Gli austriaci, vanificato l’effetto sorpresa su cui era basata l’intera operazione, dovettero rientrare alle loro basi.
Il Tegetthoff rientrò a Pola all’alba dell’11 giugno, così come il gruppo Viribus-Prinz Eugen, che raggiunse il porto alle ore 19.
Giuseppe Aonzo, Luigi Rizzo e Armando Gori avevano appena portato a termine ciò i libri di storia ricorderanno come: L’Impresa di Premuda.
Il contraccolpo psicologico dell’azione di Premuda ebbe grosse ripercussioni sul morale austro-ungarico, tanto che nel restante corso della guerra, la k.u.k. Kriegsmarine non compì più nessuna operazione navale, asserragliando le proprie navi nei porti.
I siluri di Rizzo e Aonzo, con quest’azione, fecero svanire l’elemento sorpresa e troncarono la missione nemica sul nascere, costringendo la flotta austriaca a rinunciare definitivamente all’ambizioso progetto.
L’azione di Premuda convinse inoltre definitivamente gli Alleati a lasciar cadere la questione relativa all’istituzione dei comandi navali in Mediterraneo, lasciando il totale controllo dell’Adriatico all’Italia.
A dimostrazione del grande risultato dell’azione dei MAS, il Comandante in Capo della Grand Fleet, l’ammiraglio inglese David Beatty, fece giungere all’ammiraglio Lorenzo Cusani, comandante della flotta italiana, il seguente telegramma: «La Grand Fleet porge le più sentite congratulazioni alla flotta italiana per la splendida impresa condotta con tanto valore e tanta audacia contro il nemico austriaco».
A riconoscimento dell’eroismo dimostrato in azione, il capitano Luigi Rizzo venne insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia, ma in seguito al suo rifiuto per i suoi ideali repubblicani, l’onorificenza fu commutata in una medaglia d’oro al valor militare, onorificenza che venne assegnata anche al guardiamarina Aonzo con queste parole: «Comandante di piccola silurante in perlustrazione nelle acque di Dalmazia, assecondava con pronta intelligenza, immediata decisione e mirabile ardimento il comandante della sua sezione nel portare a fondo l’attacco contro una poderosa forza navale nemica. Superata la linea fortissima delle scorte, procedeva risolutamente all’attacco di una delle corazzate e, con animo gagliardo, straordinaria abilità e fortunata audacia, lo portava a compimento esplicando così le più belle doti di perizia militare e marinaresca.»
Dopo la fine della prima guerra mondiale gli fu concesso dalla Regia Marina, su sua richiesta, il congedo per ritornare a solcare i mari al comando delle petroliere.
Dal 16 agosto 1940, con il grado di capitano di fregata di complemento, partecipò alla seconda guerra mondiale al comando dei piroscafi Rossigni, Italia e Diamante.
Terminato il conflitto, fu trasferito nella riserva per raggiunti limiti di età e il 24 maggio 1945, esattamente trent’anni dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, riprese il suo lavoro alla Standard Oil, che nel frattempo era diventata Esso Standard.
Morì a Savona il 1º gennaio 1954. Il 22 settembre 2007 la caserma della Capitaneria di porto di Savona è stata intitolata a Giuseppe Aonzo.
Il 13 marzo 1939 la Marina Militare, allora Regia Marina, decise la data ufficiale per celebrare la propria festa, e scelse il 10 giugno, come ancora oggi è, in ricordo dell’azione compiuta nel corso della prima guerra mondiale che viene ricordata come l’impresa di Premuda.
Ma questa, è un’altra storia.
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