Nell’agosto 1914, le forze armate francesi contavano 1.300.000 soldati. Durante la Grande guerra, l’esercito francese avrebbe richiamato 8.817.000 uomini, tra cui 900.000 soldati coloniali. Durante la guerra circa 1.397.000 soldati francesi vennero uccisi in azione, principalmente sul fronte occidentale. Sarebbe stato il conflitto più mortale nella storia francese. I generali principali erano: Joseph Joffre, Ferdinand Foch, Charles Mangin, Philippe Pétain, Robert Nivelle, Franchet d’Esperey e Maurice Sarrail. All’inizio della guerra, i soldati francesi indossavano ancora l’uniforme della guerra franco-prussiana del 1870, ma l’uniforme non era adatta alle trincee e così nel 1915 l’esercito francese sostituì l’uniforme, con l’elmetto Adrian che sostituiva il képi. Venne adottata un’uniforme con una capote, di colore blu orizzonte applicata alle trincee e un’uniforme per soldati coloniali color cachi.
Il Deutsches Heer conosciuto anche con il nome di Reichsheer (esercito nazionale), kaiserliches Heer (esercito imperiale) o Kaiserreichsheer (esercito dell’impero tedesco), fu l’insieme delle forze militari tedesche di terra operative tra il 1871 e il 1919, coincidenti con la nascita e la caduta dell’Impero tedesco. Fu creato ufficialmente il 29 luglio 1871 con il decreto Ordnung für Kriegsbundes Armee in Deutschland, emanato per ordine del cancelliere Otto von Bismarck. L’esercito tedesco combatté soprattutto durante la prima guerra mondiale, dimostrando disciplina, coesione e tenacia, riuscendo a resistere per quattro anni contro la superiore potenza numerica e materiale delle nazioni dell’Intesa. Le truppe furono in grado di combattere sul suolo nemico fino all’armistizio dell’11 novembre 1918 e rientrarono ordinatamente in patria dove furono accolte con gratitudine dai capi della nuova Germania repubblicana seguita alla caduta di Guglielmo II. L’esercito fu sciolto al termine della guerra e sostituito, secondo le clausole del Trattato di Versailles, dalla nuova Reichswehr. Il primo (ed ultimo) vero impiego del KDA fu nella guerra del 1914 – 1918, nel corso della quale l’esercito tedesco fu sempre il punto di forza principale della coalizione guidata dagli Imperi Centrali, ottenendo numerosi successi su tutti i fronti su cui fu impiegato e prestando aiuto con propri reparti ai suoi alleati. La capacità e la resistenza mostrata dalle truppe tedesche durante la Prima guerra mondiale, ha ricevuto riconoscimenti durante la guerra dagli stessi avversari e, dopo la guerra, dalla maggior parte degli storici e dagli specialisti; Basil Liddell Hart scrive, riguardo al comportamento dell’esercito tedesco in guerra, di “incomparabili doti di resistenza e di abilità” e di “impresa davvero epica, sia sotto l’aspetto militare che sotto quello umano”. L’esercito tedesco effettivamente riuscì per quattro anni a resistere alla grandi offensive alleate sul Fronte occidentale, sconfisse la Russia sul fronte orientale, e contribuì alle operazioni vittoriose contro Serbia, Romania e Italia. Nel 1918 peraltro le truppe tedesche diedero infine segno di cedimento del morale e di minore coesione, dopo il fallimento delle offensive di primavera, e la controffensiva alleata rinforzata dal continuo afflusso delle truppe americane, inesperte ma fresche e combattive. Negli ultimi mesi della guerra quindi l’esercito tedesco si trovò sull’orlo della sconfitta militare completa che fu evitata con la conclusione dell’armistizio mentre le truppe si trovavano ancora sul territorio franco-belga e continuavano ad opporre forte resistenza agli eserciti alleati. Le terribili perdite subite dalle forze armate tedesche furono inferiori solo a quelle subite dall’Impero russo (9.150.000 vittime), e ammontarono a 1.773.700 morti, 4.216.058 feriti e 1.152.800 tra prigionieri e dispersi, per un totale di 7.142.558 perdite.
La Marina ottomana (in ottomano: دونانمای همایون, Donanma-yı Humâyûn) fu la forza navale ai tempi della Sublime Porta, una delle maggiori potenze navali sulla Terra. Era impegnata in Mar Mediterraneo, Mar Nero, Mar Rosso, Golfo Persico e Oceano Indiano. L’armata ottomana è una parte importante della coscienza storica di molte nazioni quali la Francia, l’Algeria, la Tunisia e la Libia (che la vedono come loro alleata) o come Malta, l’Italia e la Spagna, che la vedono come un rivale (persino Miguel de Cervantes ha fatto parte della Lega Santa per combattere i Turchi nella terza battaglia di Lepanto nel 1571). Le immagini e gli attacchi della marina ottomana sono descritti sulle pareti di molti palazzi famosi dell’Europa, quali palazzo Pitti a Firenze e il palazzo del Doge a Venezia.
Durante la prima guerra mondiale venne rinforzata dalle navi tedesche SMS Goeben e SMS Breslau, rispettivamente un incrociatore da battaglia ed un incrociatore leggero che, braccate dalle forze alleate, raggiunsero Istanbul in quel momento neutrale e per evitare l’internamento vennero “donate” alla Sublime Porta continuando ad avere equipaggio e comandante tedeschi ma battendo da allora in poi bandiera turca. Nel pomeriggio del 10 agosto 1914 le due navi entrarono nello stretto dei Dardanelli. Vennero ricevute da una scorta d’onore, che le guidò all’interno del Mar di Marmara. Per ovviare ai limiti dello status di nazione neutrale dell’Impero Ottomano, la Germania trasferì le due navi alla Marina Ottomana il 16 agosto. Il 23 settembre, Souchon accettò il comando della Marina Ottomana. La Goeben fu ribattezzata Sultano Yavuz Selim e la Breslau, Midilli; i loro equipaggi tedeschi indossarono uniformi ottomane ed il fez. Le navi combatterono aspramente con il resto della flotta nel Mar Nero contro la marina imperiale russa, e oltre a vari scontri minori la Yavuz, scortata dalla Midilli, combatté la Battaglia di Capo Saryč, intercettando la Flotta del Mar Nero 17 miglia al largo della costa della Crimea, il 18 novembre, mentre tornava dal bombardamento della città turca di Trebisonda.
La Rossijskij Imperatorskij Flot in russo: Российский императорский флот è stata la marina militare dell’Impero russo. Viene considerata attiva nel periodo compreso tra il 1696 ed il 1917.
In totale tra il 1899 e il 1914 vennero varate 74 navi, di cui 6 corazzate, 4 incrociatori da guerra, 14 incrociatori, 35 cacciatorpediniere, 15 navi d’appoggio, 10 motosiluranti e 10 navi ausiliarie a cui si aggiungevano 26 sommergibili. In totale nel 1914 la Marina Imperiale Russa contava 16 corazzate, 14 incrociatori da guerra, 26 incrociatori e 108 tra navi ausiliarie pesanti, cacciatorpediniere, incrociatori leggeri, motosiluranti e navi ospedale e contava 200.000 marinai e 42.000 soldati di marina addestrati. Nella guerra del 1914-1918 la flotta imperiale contribuì solo parzialmente al blocco dell’Intesa e non riuscirà mai ad avere il completo controllo del Baltico poiché i sommergibili tedeschi manterranno sempre una certa autonomia dal controllo antisommergibile russo e affonderanno numerosi convogli svedesi diretti ai porti russi.
La United States Navy (abbreviato in U.S. Navy o USN) è la marina militare degli Stati Uniti d’America, una delle forze armate della repubblica federale. Responsabile della condotta delle operazioni militari navali, la sua missione è quella «di mantenere, addestrare ed equipaggiare forze navali pronte al combattimento e capaci di vincere le guerre, essere un deterrente per le aggressioni e mantenere la pace sui mari». Nell’anno fiscale 2008, contava 331.682 uomini e donne in servizio attivo e 124.000 nella Riserva della Marina, operando con 283 navi e più di 3.700 aeroplani. Trae le sue origini dalla cosiddetta Marina Continentale (Continental Navy), fondata durante la guerra di indipendenza e smantellata nel 1790. La costituzione degli Stati Uniti d’America pose le basi per l’istituzione di una marina militare dando al Congresso il potere di «fornire e mantenere una Marina» («to provide and maintain a navy»). Secondo la riorganizzazione della U.S. Navy condotta dall’ammiraglio Chester Nimitz, le flotte attive nel Pacifico sono designate da un numero dispari, quelle attive nell’Atlantico e nel Mediterraneo da un numero pari.
La marina statunitense fu coinvolta in entrambe le guerre mondiali, ma giocò un ruolo decisivo solo nel secondo conflitto. In particolare l’arma subacquea era rimasta piuttosto indietro rispetto alle altre grandi potenze per cui il suo impiego non produsse alcun risultato tangibile. Gli USA entrano in guerra nel 1917 con una manciata di sommergibili (42 di cui 24 diesel) di tipo costiero che furono utilizzati per scortare il naviglio alleato o in funzione antisom per pattugliare la costa est del paese mentre i più moderni vennero impiegati all’estero per pattugliare il mare al largo delle Azzorre e dell’Irlanda. Il 2 dicembre 1917 la marina spedì una divisione di 5 navi da battaglia a Scapa Flow sede della Royal Navy. Queste navi costituirono la sesta squadra della flotta da battaglia della marina britannica. Successivamente tre navi da battaglia statunitensi operarono al largo di Bantry Bay. Infine più di 40 cacciatorpediniere servirono nelle acque europee a partire da maggio 1917.
La Marina imperiale giapponese (kyūjitai: 大日本帝國海軍, shinjitai: 大日本帝国海軍, rōmaji: Dai-Nippon Teikoku Kaigun, o 日本海軍 Nippon Kaigun, lett. “Marina dell’impero del Grande Giappone”) fu l’apparato militare navale dell’Impero giapponese dal 1869 fino al 1947, quando venne disciolta formalmente in seguito alla rinuncia del Giappone all’uso della forza come mezzo per la risoluzione di dispute internazionali. Negli anni venti fu la terza più grande marina militare del mondo dopo la statunitense U.S. Navy e la britannica Royal Navy. A causa della natura insulare del Giappone, fu anche la più importante e significativa arma delle sue forze militari, tenendo anche presente che l’aviazione non esisteva come forza armata indipendente, ma esercito e marina avevano ognuno una propria aviazione; la sua importanza derivava dal fatto che dal mare doveva necessariamente provenire ogni offesa al territorio nazionale, così come ogni materia prima per l’industria considerata la scarsità di risorse naturali sul territorio; anche dal punto di vista alimentare il Giappone dipende dal mare e la pesca è una risorsa importante che la marina ha dovuto sempre tutelare.
In prosecuzione naturale dell’alleanza anglo-giapponese del 1902, il Giappone entrò nella prima guerra mondiale al fianco degli Alleati il 23 agosto 1914: a novembre, dopo un lungo assedio, la Marina imperiale occupò la base navale tedesca di Tsingtao nella penisola cinese di Shandong, perdendo nell’azione l’incrociatore Takachiho silurato da una torpediniera tedesca. Al contempo, tra agosto e settembre un gruppo da battaglia aveva operato nell’Oceano Pacifico centrale per inseguire lo squadrone tedesco dell’Asia orientale, fuggito nell’Atlantico meridionale dove fu intercettato e distrutto da forze navali britanniche. Il Giappone occupò inoltre gli ex-possedimenti coloniali della Germania in Micronesia (isole Caroline, isole Marshall, isole Marianne esclusa Guam) che gli furono poi affidati dalla Società delle Nazioni come mandato del Pacifico meridionale, tenuto de iure fino al 1947. L’incrociatore corazzato Nisshin a Malta affiancato da alcuni U-Boot tedeschi dopo la loro resa: la bandiera navale nipponica sormonta quella della Kaiserliche Marine. Durante la prima fase del conflitto la Royal Navy si rivolse alla Marina imperiale in varie occasioni: oltre alla caccia alla squadra tedesca, per la scorta ai convogli delle truppe ANZAC e per affittare i quattro incrociatori da battaglia della classe Kongō, armati con nove pezzi da 356 mm, proposta rifiutata dal governo giapponese. In seguito a ulteriori e pressanti richieste di contribuire al conflitto e con l’adozione da parte della Germania della guerra sottomarina indiscriminata dall’inizio del 1917, la Marina imperiale giapponese inviò a marzo di quell’anno una forza speciale di cacciatorpediniere nel Mar Mediterraneo. Questo distaccamento era comandato dall’ammiraglio Kōzō Satō e consisteva nell’incrociatore corazzato Nisshin e di otto tra i più moderni cacciatorpediniere: fece base a Malta, proteggendo efficacemente il traffico navale alleato da Marsiglia e Taranto ai porti egiziani fino alla fine della guerra; l’unica unità a essere perduta fu il cacciatorpediniere Sakaki, silurato da un sommergibile della k.u.k. Kriegsmarine con la morte di cinquantanove fra ufficiali e marinai. Al termine del conflitto la marina nipponica ricevette come compensazione di guerra sette sommergibili tedeschi che furono portati in Giappone per essere analizzati, contribuendo in maniera decisiva allo sviluppo dell’industria e dell’arma sottomarine nipponiche.
La k.u.k. Kriegsmarine, (tedesco: kaiserliche und königliche Kriegsmarine; ungherese: császári és királyi Haditengerészet) in italiano (una delle lingue ufficiali all’interno dell’impero) ufficialmente chiamata imperiale e regia Marina fu la forza navale dell’Impero austro-ungarico. Nata con il nome di Österreichische Kriegsmarine (“Marina da guerra austriaca”, in opposizione alla österreichische Handelsmarine che era la marina mercantile), venne ribattezzata österreichisch-venezianische Kriegsmarine (“Marina da guerra austro-veneziana”) nel 1797 in conseguenza del Trattato di Campoformio, per tornare poi al nome originario nel 1849 e assumere infine quello di k.u.k. Kriegsmarine nel 1867 per effetto dell’Ausgleich tra l’Impero d’Austria e il Regno d’Ungheria; in quest’ultimo era nota con il nome di császári és királyi haditengerészet. Allo scoppio della prima guerra mondiale la marina militare austro-ungarica era sesta al mondo in ordine di grandezza, ma con la sconfitta degli Imperi Centrali e la dissoluzione dell’Impero venne ceduta al neocostituito Stato degli Sloveni, dei Croati e dei Serbi e poi spartita tra gli alleati dell’Intesa. I porti principali della k.u.k. Kriegsmarine erano Trieste e Pola nell’Adriatico e Linz e Klosterneuburg sul Danubio.
Con l’entrata in guerra dell’Italia al fianco dell’Intesa (24 maggio 1915) l’Austria-Ungheria si trovò tagliata fuori dal resto del Mediterraneo, in quanto il Canale d’Otranto era presidiato dalle navi alleate. La stessa sera della dichiarazione di guerra italiana l’intera flotta austro-ungarica salpò dai porti di Pola, Sebenico e Cattaro avendo come obiettivo le coste italiane. I primi cannoneggiamenti provocarono danni ad Ancona, ma anche a Rimini, Vieste, Manfredonia, Barletta, così come a ponti e linee ferroviarie situate lungo la costa; l’Arsenale di Venezia fu invece oggetto di un’incursione aerea. I primi attacchi della Kriegsmarine riuscirono a sorprendere le difese italiane senza subire alcuna perdita. Ben presto la strategia navale italiana e austriaca fu tuttavia improntata a grande cautela e per tutta la durata della guerra non ebbero luogo grandi scontri tra le due marine: libera solamente di circolare nell’Adriatico, la k.u.k. Kriegsmarine venne difatti destinata principalmente a operazioni difensive (principalmente scorta convogli rifornimento destinati al fronte settore costiero e del Carso isontino, mentre le nuove e potenti corazzate furono tenute al sicuro nei porti secondo una strategia di potenza dissuasiva (fleet in being). Da entrambe le parti venne impiegata la tattica delle rapide incursioni contro il naviglio nemico (soprattutto sottomarini e motosiluranti).
Componente marittima dell’armata belga (in francese Composante marine, in neerlandese Marinecomponent, in tedesco Marinekomponente) è l’attuale denominazione della marina militare del Belgio e parte integrante del suo sistema difensivo. Nel 2002 il governo decise di seguire l’esempio del Canada e impose una “struttura unica” alle forze armate fondendole nell’Armata. Come conseguenza, la Forza navale (Force navale – Zeemacht) belga cessò di esistere come forza autonoma, assumendo la denominazione di Componente marittima, modificando, con regia determinazione, la sola dizione in francese con quella attuale di Composante marine per renderla più simile a quella neerlandese di Marinecomponent.
La Marina non era particolarmente sviluppata, specialmente a confronto con quella olandese. Nessun sottomarino era presente, mentre le navi maggiori erano solo 4 fregate E-71 classe Wielingen, dotate di un cannone da 100 mm francese, un lanciamissili Sea Sparrow, 4 Exocet e altre armi.
La Royal Navy è la marina militare britannica, una delle componenti del Naval Service che comprende anche il corpo dei Royal Marines e il Royal Naval Reserve. Nell’uso comune, però, l’intero servizio viene definito come Royal Navy. Le sue origini, risalenti al XVI secolo, ne fanno la più antica delle tre branche delle forze britanniche, nota per questo anche come Senior Service (servizio maggiore). La Royal Navy contribuì in maniera decisiva alla potenza economica e militare britannica del XVIII e XIX secolo e fu essenziale per lo sviluppo e il mantenimento dell’Impero britannico, grazie alla capacità di controllo dei mari e delle rotte di commercio. In seguito alla vittoria nella prima guerra mondiale la Royal Navy venne significativamente ridotta, rimanendo comunque la più grande marina militare del mondo fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, durante la quale la United States Navy crebbe fino a diventare la prima al mondo. Nel corso della guerra fredda la Royal Navy subì una profonda riorganizzazione, che ne fece una forza primariamente tesa alla caccia di sottomarini sovietici nell’Atlantico settentrionale. In seguito alla guerra delle Falkland e al collasso dell’Unione Sovietica, è tornata ad essere una forza navale con capacità di proiezione globale.
Durante le due guerre mondiali la Royal Navy giocò un ruolo vitale nel proteggere le importazioni nel Regno Unito di cibo, armi e materie prime, e nello sconfiggere le tattiche tedesche di guerra sottomarina, nella prima e seconda battaglia dell’Atlantico. Durante la prima guerra mondiale la maggior parte della Royal Navy venne inquadrata nella Grand Fleet, pronta ad affrontare un’eventuale sortita della Hochseeflotte (Flotta d’alto mare) tedesca. Le due forze si scontrarono in una serie di episodi minori culminati nella battaglia dello Jutland del 1916. I risultati di questi scontri misero in risalto una serie di carenze nella progettazione delle navi da battaglia britanniche, che privilegiavano velocità e potenza di fuoco in opposizione alla robustezza e corazzatura delle navi tedesche. Venne anche alla luce l’inadeguatezza dell’industria delle munizioni. Nonostante questi problemi, la superiorità numerica e la maggiore esperienza navale riuscirono a bloccare ogni azione tedesca, forzando la Hochseeflotte all’immobilità in porto.
La Marine nationale è un corpo della funzione pubblica di Stato e la forza militare navale (marina militare) della Repubblica francese. È la componente marittima delle Forces armées françaises, le altre tre componenti sono l’Armée de terre, l’Armée de l’air, la Gendarmerie nationale, i services de soutien e gli organismes interarmées.
La Marine nationale non prese parte a guerre rilevanti sul piano navale, limitandosi a sostenere l’imperialismo coloniale francese, fino alla prima guerra mondiale, dove aiutò la Royal Navy a contenere la Kaiserliche Marine tedesca nell’Atlantico, mentre nel Mediterraneo poté disimpegnarsi in quanto la Regia Marina italiana era più che sufficiente contro la piccola flotta austriaca. Partecipò comunque ad azioni nel Mediterraneo Orientale contro la flotta ottomana e come sostegno allo sbarco di Gallipoli. Nel dopoguerra, la Conferenza navale di Washington limitò il potere navale francese, equiparandolo a quello italiano e ponendolo molto al di sotto di quello statunitense, inglese e giapponese.